Locomotiva a Vapore 2-3-1 Gr. 691 - Carenata

Locomotiva aerodinamica a vapore Gr. A 691 026 delle FS

Negli anni '30 la passione dell'aerodinamica contagiò anche l'Europa. Ai suoi canoni stilistici si vollero adeguare anche le locomotive. In Italia si tentò tra l'altro. con la locomotiva 691 026, una delle 33 unità del gruppo 691.

Ad essa, nel 1939. si applicò una "carenatura" allo scopo di diminuire la resistenza all'avanzamento con incremento della velocità.

Così modificata la locomotiva venne reimmatricolata A 691 026. la '"A" sta per aerodinamica.

Il modello riproduce il prototipo nella versione del 1939. E realizzato con molti particolari riportati, con grande finezza nella realizzazione e gli esemplari, prodotti in numero limitato, saranno numerati.

(Dal catalogo Novità 1985)

Lunghezza del modello cm. 28.

Prodotta da Rivarossi nel 1986

codice anno descrizione
     
1153 1986 Locomotiva a vapore carenata 2-3-1 Gr A 691026 FS serie numerata

 

LA A691 026 CARENATA

(di Gabriele Montella)

Brevissima storia delle locomotive carenate.

 I primi esperimenti di carenatura di locomotive a vapore si sono avuti negli Stati Uniti.

Nel 1934 infatti la New York Central la eseguì su una delle sue Hudson, battezzandola “Commodore Vanderbilt” in onore del fondatore della Compagnia (Cornelius Vanderbilt, 1794 – 1877).

Dall’anno successivo venne utilizzata per il traino del convoglio più prestigioso, il “ 20th Century Limited” sulla tratta da Chicago e Toledo.

Apparve subito evidente che la carenatura  poco aggiungeva in termini di velocità perché l’effetto aerodinamico veniva ridotto dall’aumento del peso.

Altro inconveniente era poi la difficoltosa accessibilità alla caldaia per la manutenzione.

Nonostante tutto la carenatura diventò quasi una moda, perché evocava nell’inconscio collettivo l’immagine della velocità e della modernità e vi fu quindi una rincorsa verso soluzioni sempre più all’avanguardia anche stilisticamente.

La Pennsylvania RR, rivale storica della NYC, affidò infatti al famoso designer francese Raymond Loewy (1893 – 1986) la carenatura della K4 Pacific n. 3768.

Immediatamente questa moda varcò l’Atlantico, approdando inizialmente in Francia, sempre all’avanguardia sotto questo aspetto.

Iniziò la  Compagnia privata PLM (Parigi-Lione-Marsiglia) carenando due veloci  Atlantic che, così modificate, raggiunsero la velocità di circa  150 km/h seppure trainando un leggerissimo convoglio di tre carrozze.

 

Ma fu in Germania, ove il regime nazista era impegnato a dare al mondo l’immagine della massima efficienza tecnica e industriale, che il problema  carenatura venne affrontato in termini scientifici.

Venne sviluppata l’idea di una macchina progettata ab initio come carenata, che non avesse quindi i problema del disequilibrio dei pesi causato dalla applicazione delle placche di metallo, ovvero della scarsa visibilità per il manovratore.

Da quel progetto derivò la famosa Henschel con rodiggio Hudson, prodotta in due esemplari (61.001 e 002).

                   http://www.youtube.com/watch?v=4VcKRJP0rQQ

Sempre nell’ottica della massima efficienza queste macchine vennero destinate al traino non di carrozze standard, bensì di un convoglio a composizione bloccata di quattro carrozze con carenatura anche nei carrelli, prodotte ad hoc dalla Wegmann e destinato esclusivamente alla tratta Berlino – Dresda ove raggiungeva la rispettabile velocità di 175 km/h.

 

Venendo finalmente all’Italia deve dirsi che il problema della carenatura seppur visto sotto il limitato aspetto della visibilità da parte dei macchinisti e della loro salvaguardia dall’intossicazione da fumo, è risalente alla fine dell’800.

All’Esposizione Universale di Parigi del 1900 venne infatti presentato il prototipo della Gr. 670.

La caratteristica più appariscente era evidentemente la cabina avanzata senza spigoli, ma interessante era anche il tender che in realtà era un vagone cisterna con garitta. Di qui il soprannome di “mucca” con il suo vitellino attaccato.

Nonostante l’interesse suscitato inizialmente, il progetto non andò oltre la costruzione di 43 esemplari presto riconvertiti e venne abbandonato e mai più riproposto. L’idea venne però ripresa nel 1910 dalla Southern Pacific con la fortunatissima Cab Forward.

 

La A691 026

 Arrivando finalmente alla A691 026 deve innanzitutto dirsi che non sono ben chiare le ragioni di questo esperimento.

La versione più maliziosa parla di un interessamento personale di Mussolini che in occasione di una sua visita in Germania era rimasto ammirato dalle realizzazioni della Reichbahn nel settore della aerodinamica. Più verosimilmente deve essersi solo trattato di una questione di prestigio del Regime che voleva connotarsi in termini di modernità.

Nell’un caso o nell’altro il risultato fu molto distante dal modello tedesco e privo di un valido apporto creativo  e molto vicino alla prima realizzazione fatta negli U.S.A. dalla N.Y.C. nel 1934 e di cui si è parlato all’inizio, come può vedersi dal semplice raffronto tra le immagini.

                      

 

                                                  (Da www.pescaraferr.)

La macchina  derivava dalla trasformazione della 691 029 e venne realizzata nel 1939 in unico esemplare per essere adibita alla tratta Milano Venezia. Al termine della guerra la carenatura venne smantellata.

Una curiosità riguarda la decorazione anteriore con fascio littorio stilizzato. Dapprima infatti la lama dell’ascia era rivolta verso il basso poi la decorazione venne modificata con la lama rivolta verso l’alto: la  cura di questo particolare sembra la riprova  dei fini propagandistici dell’esperimento.

 

La A691 carenata di Rivarossi.

Rivarossi presentò questo modello nel 1983, con il n. 1153.

                                         (Da www.rotaie.it)


Si trattava di una produzione limitata a 600 pezzi, con il numero si serie stampigliato sotto il telaio.

Era proposta in un elegante cofanetto con certificazione di garanzia di produzione limitata.

 

Il prezzo di vendita al pubblico era di Lire 371.000.

La motorizzazione era nel tender con alberino di trasmissione alla locomotiva.

La cura dei particolari era straordinaria con si vede nei dettagli dei portelli di ispezione, dai respingenti e suprattutto dalle targhe di immatricolazione laterali.

 

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