La Gr 685 in scala 0 del 1950

(testo e immagini di Alberto Fontana)

Nel 1950 la Rivarossi poneva a catalogo il suo primo modello ferroviario in scala 0: era commercializzato in scatole di colore verde, in quanto con questo colore veniva allora identificata la linea economica, quella “giocattolo”, adatta a coloro che per a prima volta si avvicinavano al mondo del treno in miniatura.

Il primo (ed unico) modello di locomotiva in scala zero prodotto in quegli anni da Rivarossi (per i successivi occorrerà attendere ancora parecchi anni) è stato un bell’esemplare di vaporiera 685 FS. Veniva commercializzata sia all’interno di una confezione completa (insieme ai binari ed alle vetture), sia singolarmente in un contenitore dedicato.

 

Coerentemente con l’epoca, era realizzato ricorrendo in massima parte al lamierino piegato e verniciato.

Entrando nel dettaglio, occorre subito specificare che non si trattava di un modello di totale progettazione e costruzione Rivarossi, bensì una semplice commercializzazione  di un modello funzionante a molla realizzato qualche anno prima (due, o forse piu’) dalla fabbrica INCO Giochi (Industria Confezione Giocattoli - Torino) - Officine Hoplà.

La Rivarossi provvide a sostituire l’originale meccanismo di trazione a carica manuale inserendovi al suo posto un motorino elettrico, alimentato per un polo da un pattino strisciante su una terza rotaia (posta centralmente al binario) e per l’altro dalle ruote della locomotiva stessa. Queste ultime, se non sbaglio, furono anch’esse sostituite rispetto al modello originale INCO GIOCHI, plausibilmente per aumentare la stabilità e la fluidità di marcia del modelli.

 

 

 

 

 

 

 

 

Dai ricordi di amici appassionati non è emersa chiarezza circa gli interventi di miglioria sopra citati: tuttavia è ragionevole immaginare che Rivarossi si limitasse alla mera commercializzazione del modello, senza produrne ed assemblarne alcun componente.

Dal 1950, ad ogni modo, i modellisti in erba di allora potevano fregiarsi di un modello in scala zero tutto sommato piacevole e (abbastanza ben) funzionante, seppur semplificato in alcune componenti, primo fra tutti il biellismo (ma, d’altra parte, era e restava pur sempre un giocattolo).

 

 

 

 

 

 

 

Per quanto riguardava il materiale rimorchiato, non vi erano grandi possibilità di scelta: a catalogo compariva un’unica vettura passeggeri (a carrelli “mobili”, come citato nella didascalia dell’illustrazione).

Aveva fiancate color rosso scuro, tetto beige e telaio nero e, come la locomotiva, era anch’essa realizzata il lamierino piegato.

 

Le marcature erano ridotte all’essenziale e comprendevano i numeri identificativi della classe, la residenza della carrozza (Torino, ovviamente ..) e la dicitura OFFICINE INCO, a rimarcarne ulteriormente la loro origine.

I carrelli erano articolati su di un perno posto centralmente ed erano equipaggiati con ruote realizzate in fusione di zama trattenute da un alberino metallico molto sottile. Purtroppo, la storia ci ha insegnato che in questo come in altri casi, lo zama tendeva, col passar del tempo, a rigonfiare fino a sbriciolarsi completamente.  Naturalmente, anche le ruote dei vagoni INCO – Rivarossi non hanno fatto eccezione, cosicché a tutt’oggi resta assai difficile trovare degli esemplari originali con queste parti integre.

 

 

 

 

 

Parlando degli agganci modellistici, notiamo come nell’esemplare illustrato nelle fotografie essi siano di tipo automatico (come sulla 685). Questo, stranamente, non collima con le illustrazioni stampate sul catalogo del 1950 e sul pieghevole illustrante la sola produzione in zero: li si nota come i rotabili siano equipaggiati con barre d’aggancio di concezione differente, che non permettevano l’aggancio automatico tra i due veicoli con il semplice accosto di uno di essi.

E’ possibile che la sostituzione di questi accoppiatori sia una modifica introdotta da Rivarossi come ulteriore elemento di miglioramento del modello originale, avvenuta magari a catalogo già stampato.

Questa ipotesi potrebbe ulteriormente essere avvalorata dal confronto della vettura marcata Rivarossi con altri due esemplari del tutto simili a quello or ora descritto ma privi di diciture stampate sul sottocassa. Dalle fotografie si nota come la carrozza verde e quella castano possano effettivamente, ad un primo acchito, essere assimilate all’esemplare posto a catalogo da Rivarossi.

 

Da quest’ultimo si differenziano però per alcuni dettagli, e vale a dire:

-          marcature: sono ulteriormente ridotte per quantità e qualità (la decalcomanie sono qui sostituite da simboli verniciati, ottenuti per mascheratura).

-          Assali: realizzati in lamierino imbutito anziché in zama.

-          Struttura dei carrelli, realizzata di foggia differente

-          Organi di aggancio di tipo manuale, identici a quelli illustrati sui cataloghi verdi

-          Assenza di inscrizioni sulla parte inferiore del telaio.

Tutto questo lascia presagire che si tratti di carrozze realizzate e commercializzate direttamente dalla INCO prima o in concomitanza dell’avvento della collaborazione rivarossiana.

 

Merita due parole anche l’armamento.

Non si può certo dire che i binari fossero un capolavoro di finezza ed estetica, con quella rotaia centrale  e sole tre traversine per spezzone. Occorre però tenere presente che sessant’anni fa la tecnologia aveva ancora molta strada da percorrere verso l’obiettivo della ricerca della veridicità, tanto più considerata l’origine giocattolesca del nostro treno in miniatura.

A catalogo troviamo soltanto due tipi di spezzoni di binario: uno spezzone curvo, fornito in scatole contenenti ciascuna 12 pezzi (anche con la variante del binario dotato di attacco per la presa della corrente) ed uno spezzone diritto, di lunghezza 32 centimetri, fornito anch’esso in confezione da 12 pezzi.

Detto questo, va da sé che ampliare le possibilità di gioco, bisognasse guardare al di là del catalogo Rivarossi e puntare sui prodotti Hornby (come il paraurti di cui allego fotografia, avente, fra l’altro, la finezza di avere i respingenti molleggiati) o altri costruttori (forse la INCO stessa?), che fornivano il modulo con lo scambio manuale e l’incrocio semplice.

Cito, a titolo di completezza, come sui cataloghi Rivarossi, nelle pagine dedicate alla scala zero, in calce alle illustrazioni dei binari fosse ben specificato che questi ultimi erano di produzione INCO – GIOCHI e che Rivarossi se ne occupasse della sola commercializzazione.

L’alimentazione di questo impianto veniva questa volta demandata ad un prodotto “made in Rivarossi”: era il trasformatore – raddrizzatore RT / R, facente parte dell’assortimento della serie “rossa”, commercializzato pertanto in scatola di pari colore. Esso forniva l’alimentazione e l’inversione della marcia.

 

La scala 0