LE CONFEZIONI NELLA STORIA DI RIVAROSSI

(testo di Massimo Cecchetti)

Nella sua storia Rivarossi produsse un'infinità di tipologie di contenitori atte a pubblicizzare, proteggere, trasportare, immagazzinare i propri modelli. In questo periodo variarono grafia e cromia degli imballi, i tipi e le qualità dei materiali, le forme e i metodi di contenimento, i sistemi produttivi e di stoccaggio. Rivarossi sfornò confezioni prodotte anche per un solo modello, spesso anche slegate dalle linee promozionali e coordinate del momento. Stabilire dunque una sequenza logica, sia estetica che cronologica, non è facile. Tuttavia alcune tipologie prevalsero sulle altre per impatto estetico, per durata temporale e per tipologia di prodotto e solo queste, dunque, sono oggetto di  trattazione. 

 

La situazione del mercato agli esordi

 

Le confezioni di Rivarossi

 

Le confezioni speciali 

 

Schema cronologico delle confezioni per le serie standard Rivarossi

 
data DESCRIZIONE Materiale descrizione articolo contenuto interno - tenitore x il modello LOGO Note
1946 Rossa in cartone Cartone rivestito Incollata   In maiuscolo etichetta e carta esterna incollata sulla scatola
1949 Rossa  a rombi 1 cartone stampato timbro cartone ondulato in maiuscolo con made in Italy fra parentesi con anche timbro con data
primi '50 Rossa  a rombi 2 cartone rivestito incollato cartone ondulato in maiuscolo etichetta e carta esterna incollata sulla scatola
metà anni '50 fino al 1956 Rossa  a rombi 3 cartone stampato stampato cartone ondulato In corsivo stile anni 50  
fine anni 50 Bianca a righe  rosse cartone stampato stampato cartone ondulato In corsivo stile anni 50  
dal 1958-59 Rossa e bianca con finestra e binari cartone stampato cartoncino staccabile cartoncino In corsivo stile anni 60 (ma ne esistono anche con lo stile anni 50) anche per la serie RR
sicuramente nel 1965 -70 in plastica plastica tampografato o con  etichetta dorata plastica In corsivo stile anni 60  
difficile datazione, dal 1968/69 Blu Con finestra cartone stampato stampato plastica Stile anni 70 + corsivo stile anni 60 per la serie Junior
sicuramente 71-83 rossa con finestra cartone stampato stampato plastica Stile anni 70 alcune portano la data nella patta interna, alcune riportano SupermodelloH0, altre solo H0
anni 80,  probabilmente dall'84 rosso fegato cartone stampato stampato plastica, alcune con gommapiuma gialla Stile anni 70 portano la dicitura "supermodello" (utilizzata fino al 1991)
anni '90 (probabilmente dal 1990 al 2003) rosse senza finestra cartone stampato stampato  o con etichetta adesiva con codice-barre plastica, polistirolo espanso, gommapiuma grigia Stile anni 70 alcune si aprivano sollevando il coperchio, alcune sfilando il contenuto lateralmente. Sia lucide che opache, le scatole piccole non avevano il fondo, ma solo coperchio in cartone su scatola in polistirolo espanso

 

Si ringrazia:

Amleto dalla Costa per la supervisione sulle confezioni progettate dal suo studio.

        Aldo Severi per la preziosa consulenza, principalmente sulle confezione degli anni 40-50

 

La situazione del mercato agli esordi

(grazie alla collaborazione di Joël - www.train-jouet.com)

 

Negli anni '50 la mancanza di materiali plastici specifici imponeva il ricorso ai derivati della cellulosa: carta, carta oleata, cartoncino. Il più comune (presspan) era un cartoncino pressato e collato ricavato da scarti di materiali cartacei, dalla buona resistenza all'urto ma fragile sulle piegature. A causa della sua rigidità, imponeva l'uso di graffe metalliche per il suo confezionamento. Praticamente nulle le possibilità di stampa sulla superficie, porosa ed irregolare, inevitabile il ricorso a etichette incollate.

 

I cartoni ondulati garantivano invece una certa morbidezza delle superfici ma offrivano resistenza solo in un verso, il che rendeva le scatole sempre un po' sbilenche e malsicure. Anche qui era proibitivo avventurarsi in superfici a stampa. Per la decorazione sempre la stessa soluzione: incollatura di etichette prestampate .

Infine il presspan accoppiato a carte colorate, di svariate nuances cromatiche, che rendeva le scatole più attraenti oltre che ragionevolmente più solide. L'impatto estetico era migliorato e con etichette decorate si ottenevano notevoli effetti promozionali.  E' interessante notare come, in certi casi, i modelli fossero tenuti fermi, oltre che dalle normali sedi ricavate nel cartone anche da appositi rotolini di carta...

 

 

 

 

 

 

 

 

I contenitori Rivarossi 

Gli inizi

Le prime confezioni Rivarossi (1946) sono straordinariamente semplici e sintetiche ma fanno di tutto per rivendicare la qualità del prodotto contenuto. Alessandro Rossi, in quel primo anno di frenetica attività, preso tra progetti e produzione, non si era ancora dedicato allo studio delle confezioni ma si era rivolto semplicemente al mercato artigianale per avere un semplice contenitore dei suoi prodotti. Sfrutta però al massimo le possibilità del fornitore: il presspan è rivestito in carta "zigrinata" rossa (unico collegamento tra prodotto e produttore) e lascia alle semplici e schiette etichette le informazioni su azienda e codice prodotto. Il logo Rivarossi è definito con semplici caratteri tipografici reperiti tra il repertorio del fornitore. Ma in queste foto vale la pena soffermarsi anche sulla bellezza del binario in esse contenuto, completo di ballast in bakelite e di traversine verniciate. Confezioni sobrie, essenziali, spartane ma tutt'altro che banali,  in quegli anni dove la confezione era ancora solamente il contenitore del prodotto.

 

 

 

Finalmente la prima personalizzazione!

Cartoncino accoppiato (o incollato), cordonato, fustellato e naturalmente stampato a copertura di un guscio in cartoncino ondulato. Una data su una scatola ci consente una ottima approssimazione cronologica: 1949.  La decorazione modulare romboidale circonda un logo ancora incerto nella sua personalizzazione ma nobilitato dalla scritta "made in italy", segno dell'orgoglio di indicare il primo prodotto fermodellistico interamente italiano.

 

 

 

 

Un' etichetta stampata ed incollata indicava il codice modello, illustrato anche da una foto in BN.  Alcune volte un semplice timbro indicava il contenuto. Le versioni rosso/blu accoglievano indifferentemente modelli per corrente continua od alternata ma la stessa grafica (a volte senza la dicitura "made in italy") rivestiva anche le versioni interamente blu o rosse, le serie "Collezionisti", "Galletto", "Verde" e "Gialla".

 

 

...e la via era tracciata!...

finalmente la confezione comincia ad acquisire una propria personalità grazie anche alla presenza del nuovo marchio, molto più caratterizzato del precedente e finalmente oggetto di attenzione.  In questi primi anni appare circondato tra due apici (virgolette) di dubbia utilità visiva.  Le confezioni, in cartoncino stampato, non si prestavano ad una grande standardizzazione, tuttavia le bellissime fasce bianche presentavano, con grande evidenza, la foto in BN del modello e della sua sigla. Ante a ribalta ed alette protettive conferivano sicurezza e protezione al contenuto, trattenuto all'interno dalla solita culla in cartoncino ondulato. Probabile datazione: primi anni '50

 

 

 

 

 

 

I disegni di Dalla Costa

Per differenziarsi dalla concorrenza (sembrava inevitabile per tutti ricorrere allo schema modulare) verso la fine degli anni '50 Rivarossi propone una confezione dalla spiccata personalità ma dalla ancora limitata robustezza.

Due soli colori al tratto contraddistinguono la scatola prodotta nel solito cartoncino accoppiato. Ma qui finalmente appaiono i famosi e deliziosi disegni di Amleto Dalla Costa, elaborati a china. Rivarossi illustrerà sempre solo i modelli (o li esporrà come nella famosa scatola rossa) e non i prototipi dei rotabili, come spessissimo faceva invece la concorrenza, dando suggestioni ingannevoli e tendenziose sui modelli contenuti. Su un lato, sopra le antine, appaiono, a stampa, sigla, codice e prezzo. Simili ma non uguali appaiono invece le scatole degli accessori. Una texture molto fitta decora la scatola nel solito smagliante rosso e un dettagliatissimo schizzo dell'onnipresente Dalla Costa ne illustra il contenuto. Il carattere usato per identificare il modello apparirà in un'infinità di altre occasioni, (...nella pubblicità aziendale, nelle promozioni a stampa, nell'house organ, ecc...) quasi a confermare una continuità di dialogo con la clientela. Qui il logo aziendale appare rinnovato nella sua seconda evoluzione (dal 1959), sinonimo di continui aggiustamenti anche nelle stesse tipologie.

 

Principalmente per le spedizioni all'estero era nata l'esigenza di bloccare all'interno delle confezioni le locomotive più pesanti. Per questo venne elaborato un costoso sistema per cui la locomotiva veniva bloccata su un telaio di legno che era contenuto nella scatola di cartone. Questo per impedire che i pesante modello si potesse muovere e si danneggiasse.

 

La storica "rossa"

Eccola finalmente la gloriosa "rossa" che identificherà, nel periodo dal 1959 al '66 (circa), la produzione di Como. Qui il contenitore svolge perfettamente la primaria funzione di protezione  ma adempie anche ad altre finalità:  esporre il modello, nella sua interezza e bellezza, ed informare la clientela sulla produzione e sulle novità in corso.  Ma analizziamola con ordine: il cartoncino , decorato con il logo della casa (nella sua seconda  evoluzione, la più "rivarossiana"), offre anche la  simulazione di uno spezzone di rotaia che coincide con il piano di ferro del modello. Sembra quasi una sottolineatura alla bellezza dei modelli visibili attraverso la grande finestra trasparente e sempre con il corollario della tre magiche parole: "accuratezza, precisione, realismo" e dalla meno entusiasmante "è un modello HO" di parziale veridicità.

 

 

 

 

Un'altra novità consisteva nel presspan, fustellato e cordonato, che faceva da culla al modello. Anche qui un tratto di genialità: il cartoncino rosso, di bassa resistenza, acutizzata anche dalla vistosa finestra trasparente, è irrobustito dalla culla che, innestandosi perfettamente alle dimensioni interne della scatola, garantiva solidità e robustezza al tutto. Grazie a studiate forature il modello stava fermissimo nella sua sede pur riuscendo a mostrare un intero fianco. Era facilissimo anche estrarre il piccolo rotabile: aprire l'anta a ribalta, sfilare la culla e togliere il modello!  Queste scatole hanno resistito per anni proteggendo, anche impilate, i nostri modelli, senza rovine o cedimenti. Infine sul retro, i disegni a penna di dalla Costa informavano la clientela sugli articoli più interessanti della produzione. Il contenitore variava solo in lunghezza, aumentando così la standardizzazione delle confezioni e delegando invece il cartoncino fustellato al compito di adattare il modello alla scatola. Un'anta infine conteneva dati e codice del modello, qualche volta rappresentato anche da una foto in BN.  Spesso appariva anche il marchio "RR" in maiuscolo ad indicare il monogramma aziendale.  Sicuramente tra le confezioni più originali, più attraenti, più solide, più efficienti che siano mai state prodotte per il fermodellismo.

 

La scatola in plastica

Le scatole in plastica (1965-70) hanno, alla loro comparsa, lasciato perplessi e sorpresi molti affezionati clienti (oltre che gli esperti di marketing). Il contenitore si compone di due sole parti e di una culla in polistirolo (plastica) o spugna sintetica (gommapiuma). Solo la scatola mantiene la colorazione "rossa", mentre il coperchio, troppo facilmente sfilabile, risulta completamente trasparente, compreso il piccolo logo decisamente poco visibile.

Sul coperchio sono presenti 4 piccole squadrette con la benemerita funzione di favorire e assicurare l'impilamento. Le confezioni variavano dimensionalmente solo in lunghezza ed i modelli erano trattenuti tra culla e coperchio ma esistevano anche scatole speciali per impianti completi, per accessori complementari, per confezioni di carrozze, ecc. 

Una tampografia in oro, su una faccia della scatola, indicava dati di modello e produttore. Per aumentare la personalizzazione dell'insieme fu applicato successivamente sul coperchio anche un piccolo flash adesivo con il logo Rivarossi, la tampografia laterale fu sostituita da un'adesiva prestampata e  il modello impreziosito da una piccola coccarda fustellata. Il maggior responsabile commerciale di Rivarossi di quegli anni giustificava una scelta così drastica in base a inderogabili riduzioni dei costi. Pur comprendendone i motivi, chi scrive, professionalmente legato al mondo del packaging, rimpiange la fortissima personalizzazione della "scatola rossa" in cartone. A vantaggio di una simile scelta però restano rimarchevoli la volontà e l'orgoglio di mostrare, a "tutta vista", la bellezza dei modelli contenuti e la innegabile solidità della confezione.  Gusci in spugna gialla o polistirolo stampato, e per le scatole di montaggio (che a causa del contenuto "a vista" apparivano abbastanza disordinate) sacchettini di plastica, cartoncini separatori e cubetti di spugna gialla.

  

...un cambio di rotta...

La scatola nasce per la "Serie Junor", la nuova serie economica "sottotono", ma ospiterà anche modelli sella serie normale "Modello" Dal rosso delle facce laterali appare sul coperchio un'atipica colorazione blu intenso (molto americana), a cornice del modello, Sembra l'evoluzione delle scatole rosse. Viene realizzata sia col logo anni '60 in corsivo che con quello nuovissimo (anni '70). Sulla faccia superiore appaiono l'indelebile acronimo "HO" ed un flash circolare con il testo: "alta qualità-RIVAROSSI-como-italy" con la "J" che contraddistingue la serie junior, ma non sempre, per la serie normale era omesso.

 

 

 

 

 

Il modello è ormai definitivamente inserito in una comodissima culla in polistirolo (plastica) e vi si accede attraverso il coperchio ad anta, trattenuto da una tasca laterale, non molto sicura specie dopo un discreto uso. I codici del modello sono a stampa sulla ribalta fissa laterale. I modelli, come sempre, appaiono in tutta la loro bellezza dalla finestra in acetato trasparente.

 

 

 

 

 

 

Aria nuova in Rivarossi...

...con confezioni databili a partire dalla prima metà degli anni '70.

Lasciate da parte le scatole "blu" la direzione decide di riprendere gli schemi, grafici e cartotecnici, delle mai dimenticate "scatole rosse" degli anni '60. Sulla rossa superficie della scatola (forse sarebbe stato meglio riprenderne anche la tonalità) il nuovo logo risulta finalmente migliorato nella leggibilità grazie alla prima "R" legata alla parola ma sulla confezione risulta troppo sacrificato sull'orlo superiore (specie nelle confezioni più lunghe) essendo scomparso il poligono a sbalzo sulla finestra. In un'anta dati e codici del modello, sull'altra il nuovo logo nella bellissima versione compatta. Ricompaiono le tre magiche parole: "accuratezza, precisione, realismo" ma scompare  la sezione di binario che così bene identificava il prodotto.

Una graziosa sequenza di silhouettes di carri, un "HO", sempre utile ed alcune frasi di abbellimento completano la confezione. Per carri e motrici chiusura ad anta con alette di sicurezza che aumentava grazie anche al considerevole spessore del cartone. Il retro vede la sostituzione dei deliziosi disegni di Dalla Costa con foto in BN che ne riprendono lo spirito ma non la freschezza. Le culle sono in polistirolo (plastica), ma per i carri sono realizzate in parte in polistirolo (plastica) con una base in polistirolo espanso. Una sigla e una data a stampa, sulle alette interne, identifica lotto produttivo e fornitore. Finalmente un'altra bella confezione, solida, completa, sicura, compatta, che accetta i rinnovamenti tecnologici ma che nella grafia si  riaggancia alla storia dell'azienda e rende onore agli stupendi modelli che tecnici e maestranze, di altissima specializzazione, sfornavano in quegli anni.  Decisamente l'erede delle "grandi rosse".

 

 

 

Quelle "rosso fegato"

Nuova veste per le confezioni Rivarossi. Nella loro francescana semplicità le confezioni perdono definitivamente la finestra trasparente (in linea con gran parte della concorrenza) e scompaiono tutti quegli elementi che avevano decorato le precedenti confezioni. Sembra quasi la chiusura di un ciclo, un ritorno all'inizio, alle confezioni che uscivano dallo stabilimento di Cassano Albese, solo e semplicemente "rosse". Inizialmente in "rosso fegato", colorazione nuova per Rivarossi. le scritte del logo sono con caratteri dorati e la seconda erre è semplicemente contornata per una maggiore leggibilità.

Il contenuto era identificato mediante  una stampa in oro su un'antina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

...le ultime rosse

Poi le scatole tornano di un bel rosso vivo

Il logo, unica decorazione della scatola, è nella sua ultima evoluzione e mantiene fortunatamente la leggibilità con la prima "R" legata alla parola. Svariate le tipologie dimensionali e le soluzioni di contenimento: il guscio in espanso che funge anche da scatola, la scatola in cartoncino con spugna gialla (più tardi grigia, di migliore qualità), in versioni più modeste (cartoncino monofacciale plastificato) o più consistenti e "morbide" grazie alla doppia piegatura del cartone.

La qualità dei materiali, gli interni, il peso dei cartoncini usati sono misteriosamente diverse tra loro come diverse dalle precedenti degli anni '70. Un notevole grado di standardizzazione, avvalorata anche dai gusci in polistirolo, polistirolo espanso e spugna ma, come nelle scatole in plastica, una leggera perdita di identità (anche se la monocromia rossa le rendeva particolarmente distinguibili sugli scaffali.Le scatole, in un'infinità di formati, coprivano tutta la produzione RR, dai modelli singoli, alle motrici, ai set di carrozze, compresi  accessori e  scatole di montaggio. Poche la varianti per identificare il prodotto: su un'antina un riquadro bianco con i dati del modello o stampati o con etichetta adesiva. E, segno dei tempi, compaiono i codici a barre.

 

Le confezioni speciali 

...una trenhobby ante litteram...

Rivarossi diede subito una notevole importanza alle scatole di montaggio. Queste prime, ascrivibili almeno al 1950, vedono i primi progetti grafici di Amleto dalla Costa, grafico, pittore, titolare dell'omonimo studio ed agenzia pubblicitaria milanese e che curerà l'immagine della casa di Como durante tutta la gestione di Alessandro Rossi. La confezione in ruvido cartoncino fustellato, illustra, a due colori, il prodotto contenuto in una culla di cartoncino ondulato. Il coperchio, a ribalta, offre anche un sicura protezione alle componenti del modello prima del suo definitivo assemblaggio. E' da notare il marchio "galletto" (sempre presente nei primissimi anni di produzione), la dicitura, fortemente evidenziata, "fabbricato in italia" e, per la prima volta, il poligono irregolare intorno al marchio, che caratterizzerà in modo straordinariamente incisivo le confezioni rosse anni '60.

 

 

La serie “rr”

Gli anni '60 inaugurano anche la produzione di articoli e start-set improntati a semplificazioni di fascia economica e spesso in scatola di montaggio.

In quegli anni si inaugura anche un nuovo straordinario sistema di vendita, proveniente dai mercati americani: in un apposito dispenser  appare gran parte della produzione o gli elementi più attraenti di essa e l'appassionato può avvicinarsi, vedere o addirittura toccare i modelli, esposti non più dietro al bancone di vendita o isolati in asettiche vetrine. Un motivo di più per usare scatole “sicure”, che diano massima visibilità al modello ma che lo proteggano da manomissioni o cadute. Le scatole "rosse” solide e collaudate, sono vestite nei colori della serie (bianco, giallo, rosso, nero) come pure gli start-set e i vari contenitori, in presspan o cartoncino monofacciale stampato. Nella foto, ricavata dai cataloghi RR, appare il dispenser, succosa tentazione per i fermodellisti,  completo dei modelli e sotto, in basso a sx, anche il catalogo della serie. Il marchio "rr" appare in grande evidenza su ogni faccia della scatola a completamento dei disegni, come sempre efficacissimi, di Dalla Costa che illustrano i modelli contenuti.

 

 

 

 

 

Il trionfo delle TrenHObby

Le TrenHObby hanno segnato un'epoca. Rivarossi produsse modelli in scatola di montaggio praticamente da sempre ma solo dal 1962 la serie venne sviluppata e pubblicizzata con forza, stigmatizzata nei termini: "il piacere di costruire da sé con un notevole risparmio economico".  La scatola si presenta completamente diversa dalle coeve consorelle "rosse". Può lasciare stupiti una simile decisione, probabilmente presa in relazione al fatto di diversificare le scatole dalle confezioni dei modelli montati.  La grafica, particolarmente semplice (dunque efficace) sviluppa, su una texture ad imitazione del legno (...un cofanetto?...) il mirabile intreccio grafico delle parole: "treno, HO, hobby". Amleto Dalla Costa realizza qui, probabilmente, il logo più incisivo ed originale della casa di Como per contenuti, visibilità e leggibilità.  In un riquadro,  un disegno a penna del modello faceva però perdere la standardizzazione faticosamente conquistata dalle scatole rosse. Il logo aziendale è quello, splendido, della seconda evoluzione.  Le altre pareti della scatola sono decorate con testi di circostanza concentrando dunque l'attenzione su logo e disegno della faccia superiore.

 

...le americane!...

Scatole completamente diverse dalle consorelle europee per diversità grafica e cromatica. D'altra parte il layout di queste confezioni era di AHM (Associated Hobby Manufacturers - l'importatore americano di Rivarossi) anche se le scatole erano stampate in Italia ed i modelli partivano già inscatolati. Pare che l'idea delle scatole rosse (gli "astucci" come li chiamavano in Rivarossi)  sia stata "presa a prestito" dagli americani. Finestra trasparente, modello "a tutta vista" e pareti laterali con illustrate le punte salienti della produzione.  Inizialmente la culla interna era in gommapiuma (moltoprene), ma col tempo tendeva a degradarsi fino a sbriciolarsi completamente, perdendo la propria funzione. Venne poi sostituita dalla più affidabile culla in polistirolo sottovuoto. Appare anche il frontale (ritoccato ad aerografo come usava allora)  della stupenda 0-8-0 Indiana Harbor Belt (prodotta a partire dal 1960-61 e che data automaticamente anche la scatola). Il logo AHM appare in una formulazione debole e visivamente poco incisiva. Lo slogan americano indica però il rispetto della scala HO del modello, ricavato dai disegni originali (blueprint) e non più vincolati al solo scartamento, come avveniva invece in Europa. Codici e dati, assieme ad un piccolo logo Rivarossi (unico sulla scatola), sull'anta a ribalta.  E' anche straordinario notare la presenza dei prezzi, anche della produzione, illustrata sulle facce laterali.  In una successiva versione scompare il frontale della 0-8-0; la scatola si semplifica un po troppo ma a vantaggio del logo AHM che qui appare rinnovato e con un'impronta finalmente più aggressiva. Il piccolo logo Rivarossi, visibile sulla ribalta, daterebbe la scatola fotografata almeno al 1970.

 

 

...i suoi primi cinquant'anni...

Nel festeggiare i suoi primi 50 anni Rivarossi organizzò svariate promozioni, tra cui una presso il Museo  "Leonardo da Vinci" di Milano. In due sale, oltre ad un grande plastico, si poteva ammirare una straordinaria esposizione di modelli (tra cui alcuni rarissimi, forse provenienti dai resti del disperso "Museo Rivarossi").  Per quell'occasione furono allestite svariate confezioni promozionali, alcune con offerte molto ghiotte per i collezionisti, e di cui presentiamo la versione (venduta nelle sale del museo) con un carro promozionale tampografato con il logo aziendale "compresso". Scatola bianca, finestra quadra, il logo aziendale "esteso" solo sulle ante laterali ed una decorazione che faceva di tutto per ricordare con lo slogan: "un trenino lungo 50 anni", le mitiche rotaie delle "rosse" Una bella confezione, in solido cartoncino, dalle nobili proporzioni e dalla decorazione in linea con le promozione della manifestazione.

Culla in polistirolo espanso, modello a tutta vista, tirature ovviamente limitate.

 

 

...tre confezioni veramente "speciali"

...perché?....una perché probabilmente faceva parte dei primi lotti usciti dallo stabilimento di Cassano Albese (1946), siglata nel catalogo I.C.N2002.  Motrice e rimorchiata (la mitica AE 2002), alimentatore ed ovale di binari formano un perfetto start-set per far felici bambini e papà.  Da notare ancora il bellissimo binario immerso nel "pesante zoccolo di bakelite" (come dice il catalogo) e comunque una realizzazione ante litteram dell'odierno binario completo di ballast. In questa rarissima immagine Alessandro Rossi ci dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, l'attenzione, la cura e l'amore per i suoi piccoli treni. Sulla superficie rossa del coperchio appare, incollata, un' etichetta che non è altro che la parte superiore del primo catalogo (1946), realizzata sfruttando gli impianti stampa già esistenti. In altre occasioni si farà altrettanto (confrontate la scatola del Minobus con la copertina del catalogo del 1950...).  I modelli, elegantemente disposti e ben fermi nelle loro sedi, sono trattenuti da rotolini di cartoncino ondulato, soluzione non molto elegante, ma efficacissima, soprattutto per la modularità del metodo.

 

La seconda infine la vogliamo sottolineare per la bellezza e la magnificenza che emana.  Il binato TEE, nella confezione 703 (che offre anche un piccolo ovale di rotaie), appare quasi assediato dalla decorazione, straordinariamente ricca e fastosa...sul fronte una texture composta dai disegni tecnici del modello fa da sottofondo ad uno strepitoso disegno a colori di Dalla Costa, accanto ai logos TEE e Rivarossi. La stessa quadricromia apparirà anche nella copertina del catalogo 1959, anno del lancio sul mercato. Evidentemente l'eccezionale modello aveva suscitato in RR la voglia di valorizzarlo al massimo coronandolo con una confezione degna della sua qualità. E lo scopo era stato raggiunto! Uscire dal negozio con un simile pacchetto sottobraccio giustificava certamente la spesa non indifferente che si era affrontata. Chi scrive comprerà il suo TEE anni più tardi, ridotto però in una più modesta scatola di plastica con coperchio trasparente. I costi che una simile confezione imponevano, specialmente se concentrati in un singolo modello, obbligava Rivarossi ad una tale scelta ma lo splendore e la bellezza di una simile confezione non furono mai più raggiunti.

  ( foto di Quirino Marginetti)

 

La terza appare leggermente anomala rispetto alla tradizione ferroviaria di Rivarossi. Ma la sua storia merita un segno di attenzione: alla fine degli anni '50 FIAT lancia sul mercato italiano una delle sue utilitarie più famose: la 600D. La promozione della casa torinese prevede anche un gadget semplice ed efficace: la riproduzione in scala 1/13 della vettura. I contatti con l'ufficio pubblicità FIAT ed Alessandro Rossi sono frenetici per i tempi brevissimi imposti, per la qualità richiesta degli stampi ma soprattutto per l'assoluto rispetto dei colori originali delle carrozzerie. Ma Alessandro Rossi è la persona più adatta per soddisfare il capitolato Fiat e sviluppare un'idea straordinaria e unica: produrre il modello in plastica trasparente e, mascherando fari e finestrini, verniciarlo negli esatti colori previsti a Torino. Dunque perfetta corrispondenza delle tonalità delle carrozzerie, vetri a filo, semplicità di assemblaggio,  arredamento interno. E nonostante i tempi brevissimi, Alessandro Rossi riuscirà a consegnare regolarmente i suoi modelli. Una volta svincolato dalla promozione Fiat, il modello sarà aggregato alla produzione Rivarossi e integrato anche dalla Fiat 500. Appariranno nei cataloghi Rivarossi (anche motorizzate e con dispositivo di teleguida) in una confezione, elegantissima, dove, fra delicate fasce grigie, appaiono i loghi (originali FIAT) delle due vetture ed il marchio RR della prima evoluzione.

 

un segno di grande civiltà industriale

il tagliando di controllo! un'attenzione ed un rispetto per l'acquirente che Rivarossi mise in pratica da sempre. In questo talloncino il marchio "galletto" rappresenta l'intera azienda. Il cartoncino ondulato sul retro ma soprattutto la sigla "L 221/R" datano il "certificato di collaudo" tra il 1952 ed il 1959.