Le Locomotive in Corrente Alternata

di Gianni Carrara

 

 

Agli inizi della propria storia produttiva Rivarossi si adeguò a quello che allora era lo standard, sia dal punto di vista storico che tecnico, per l’alimentazione dei modelli ferroviari, cioè la trazione in corrente alternata.

L’introduzione della trazione in corrente continua provocò la suddivisione della produzione in “serie” ove i modelli concepiti per la corrente alternata furono raccolti nella “ Serie Blu” e quelli per la nascente corrente continua nella “Serie Rossa”. La Serie Blu fece la sua ultima apparizione nel catalogo 1955, il dado era ormai tratto, la corrente continua, di cui Rivarossi fu un precursore, era destinata ad essere il nuovo standard per il fermodellismo.

 

Negli anni seguenti la produzione in alternata si limitò alla presentazione nel catalogo 1962/63 di un modello dell’italiana E 424 come articolo 1001 (Le 424/3) in cui (probabilmente) era stato utilizzato il vecchio inversore della Serie Blu unitamente ad una particolare versione del motore.

Negli anni ’70 Rivarossi decise di rientrare in modo deciso nel mercato delle locomotive in corrente alternata; una corretta scelta industriale poiché, anche se la trazione in corrente continua era ormai diventata lo standard a livello mondiale per la scala H0, rimaneva in Europa un nocciolo duro di fermodellisti in corrente alternata rappresentati essenzialmente dal marchio Märklin. Ma il potenziale mercato avrebbe giustificato l’investimento in nuovi motori in corrente alternata e nelle eventuali modifiche a telai ed altro? La risposta di Rivarossi fu, al solito, geniale nella sua semplicità.

Era ormai possibile raddrizzare la corrente alternata in corrente continua tramite ponti di diodi dall’ingombro e, soprattutto, dal costo minimo; perché allora non mantenere nella locomotiva lo stesso motore della versione in corrente continua e tutte le relative strutture accessorie, frapponendo tra la presa dell’alimentazione in alternata ed il motore in continua un semplice raddrizzatore?
Restava il problema dell’inversione di marcia della locomotiva, il che, in corrente continua, significa semplicemente invertire la polarità dell’alimentazione del motore; cosa non immediata partendo da una alimentazione in alternata e, soprattutto, mantenendo la compatibilità con il mondo Märklin.

Le locomotive in alternata, come nei modelli Märklin e nella Serie Blu, funzionano tipicamente con una tensione massima di 16 Volt mentre l’inversione di marcia è ottenuta inviando in linea impulsi di 28 Volt; questi impulsi sono in grado di attrarre un elettromagnete, normalmente non attratto dalla sola tensione di marcia, che commuta il campo magnetico dello statore nel motore causando l’inversione di rotazione del motore stesso.

Si trattava quindi di commutare la polarità dell’alimentazione di un motore in continua tramite un impulso in alternata: anche qui la soluzione Rivarossi è stata semplice ed efficiente.

 

Da ultimo è da ricordare che Rivarossi volle definire il suo inversore di marcia per la Serie Blu come “superinversore”; non si trattava di una mera trovata commerciale ma di una vera soluzione a due pecche insite nel funzionamento di un inversore di tipo Märklin; l’inversione Märklin avveniva in due tempi: un primo impulso di sovratensione raggiungeva sia il motore che le luci, pertanto la locomotiva compiva un balzo in avanti e si bloccava mentre le luci rimanevano accese in modo estremamente brillante, un secondo impulso invertiva la marcia. Oltre allo scarso realismo di questa manovra è evidente il sovraccarico sia per il motore che per le luci.

Nel suo “superinversore” Rivarossi inserì un contatto mobile che, al primo impulso di sovratensione , si apriva scollegando motore e luci dalla tensione di linea, riattivando il collegamento solo ad inversione di marcia avvenuta. Ancora una volta efficienza e semplicità; ovviamente questa funzione fu integrata nella nuova generazione di modelli in alternata.

Il risultato di tutto questo fu un nuovo inversore identificato come articolo 115120.

 

Lo schema elettrico dell’inversore è abbastanza semplice:
La tensione in ingresso in CA viene portata in parallelo ad un ponte di diodi “D” per essere raddrizzata e ad un elettromagnete “M”che attrae un’ancoretta “T”dotata di un dente; il dente agisce su un commutatore rotante “R” dotato di due contatti.

 

Le due polarità, dopo l’uscita del ponte di diodi, sono riportare su due contattiere disposte in circolo e concentriche dotate di quattro contatti ciascuna; sempre concentriche vi sono due piste che riportano le polarità verso l’esterno.

Una di queste piste è interrotta da un contatto mobile “I” normalmente tenuto chiuso dall’ancoretta “T” tramite una molla.

Questo contatto è ciò che identifica il dispositivo come “superinversore”, in ricordo della Serie Blu; in stato di riposo dell’elettromagnete l’ancoretta “T” tiene chiuso il contatto “I” alimentando così la locomotiva mentre ad ogni attrazione dell’elettromagnete il contatto si apre e la locomotiva non è più alimentata.

Il cuore del dispositivo consiste nel commutatore rotante:

 

 

 

Nell’immagine seguente a sinistra si vedono i denti in cui si innesta l’ancoretta “T” per la rotazione del commutatore mentre a destra si vedono i due contatti striscianti “S1” e “S2” che trasferiscono le polarità in continua invertendole.

 

L’esigua superficie di contatto tra gli striscianti e il circuito stampato costituisce il punto debole di questo dispositivo; evidenti segni di sfiammate su entrambi i componenti mostrano che, nel caso di carichi elevati durante la commutazione, il contatto poteva essere seriamente danneggiato.

 

I passi dell’inversione della polarità e, di conseguenza, dell’inversione di marcia sono i seguenti:

 

 

 

La corrente continua uscente dall’inversore viene portata sia alle luci che al motore della locomotiva; si noti che al motore sono collegate, come da schema, due induttanze “L” e un condensatore “C”. Lo scopo di questi componenti è di eliminare interferenze radio dovute all’apertura dei contatti e di attenuare la componente alternata residua all’uscita del ponte di diodi.

 

L’esame di questo inversore mostra una differenza di comportamento rispetto al vecchio inversore Märklin. Nell’inversore Märklin dopo il primo colpo di sovratensione si ha una fase di stasi in cui il motore non è alimentato e la locomotiva è ferma con le luci accese intense, un secondo colpo di sovratensione alimenta di nuovo il motore ma in direzione opposta, servono perciò due impulsi per effettuare l’inversione di marcia. In questo inversore Rivarossi in seguito alla pressione del tasto di sovratensione il motore e le luci non sono alimentati ed è predisposta l’inversione di marcia; al rilascio della sovratensione il motore e le luci sono immediatamente alimentati, pertanto l’inversione di marcia avviene con una sola manovra.

Questo modo di funzionamento presuppone quindi che l’inversione di marcia avvenga a locomotiva già ferma poiché premendo e rilasciando il tasto di sovratensione con la locomotiva già in movimento si otterrebbe un cambio di direzione dell’intero convoglio decisamente brusco e si potrebbero causare dei danni ai contatti del commutatore rotante. 

 

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