RESTAURO DELLA LOCOMOTIVA A VAPORE 4-4-0 “GENOA” – RR art:1212

Prima  parte

 di Oliviero Lidonnici  

INVENTARIO DELLE PARTI DANNEGGIATE E RIPRISTINO DELLA TRAZIONE

          Vediamo in Fig.1 lo stato del modellino prima dell’intervento di risanamento: Il caratteristico fumaiolo era stato spezzato alla base ed era stato riparato in modo maldestro con una colla attacca-tutto ed un pezzo di stuzzicadenti di legno.

         L’incollaggio era impreciso e precario. In condizioni normali il fumaiolo montato, deve bloccare anche la mensola in ottone che sorregge la grande lanterna;  la colla impiegata era inadatta per il metallo. Infatti, con la minima pressione delle dita, il fumaiolo e la lanterna si sono subito staccati.

Tra i danni minori ho riscontrato la perdita della campana e la rottura e la perdita di piccoli particolari che tratteremo in seguito.

Ma il danno maggiore era la mancanza del giunto cardanico che trasmette il moto del motore, posto nel tender, alle ruote della locomotiva. Il problema era che non sapevo nemmeno come fosse fatto esattamente, il giunto mancante.

Fig.1

.Per conoscere la forma del giunto cardanico ed il codice del pezzo, ho consultato il Catalogo parti di ricambio 1979 presente sul sito RRM. Ho ricercato il ricambio originale o almeno una moderna riproduzione del pezzo (codice 108045). La ricerca, in ambedue i casi, ha avuto esito negativo e quindi sono stato costretto a costruirlo ex novo.

Fig. 2

       Ho subito dovuto scartare di tentare di riprodurre il pezzo tramite calco in resina, prima di tutto perché  non avevo un originale da duplicare. Inoltre ho ritenuto che la resina non avesse caratteristiche di solidità ed elasticità sufficienti per resistere alle sollecitazioni del giunto. Alla fine non avendo trovato materiali plastici adatti ( o per resistenza inadeguata o per difficile lavorabilità), ho deciso di utilizzare materiali metallici per la realizzazione del pezzo.

Utilizzando come riferimento il disegno del catalogo (Fig.2) e la forma delle sedi di aggancio del giunto, poste nel tender e nella loco, ho ricavato la forma e le dimensioni delle teste del giunto. La forma esagonale mi ha subito suggerito di tentare di usare due dadi di misura adatta.

Per l’assale avevo pensato di utilizzare uno spezzone di filo di acciaio armonico ma ho scartato questa soluzione a causa del peso e della difficile lavorabilità di questo materiale; quindi ho scelto di utilizzare un tubicino di ottone, più leggero e facile da lavorare.

La lunghezza del giunto era un altro problema da affrontare: La distanza tra il tender e la locomotiva varia a seconda del percorso: è minima in pianura nei tratti rettilinei, aumenta in curva e su eventuali dossi e si può ridurre in situazioni limite, nei tratti compresi tra pianura e salita o tra discesa e pianura. (vedi Fig.3)

Quindi occorreva trovare una misura di compromesso per evitare che in situazioni estreme il giunto uscisse dalle sedi (interrompendo la trazione) oppure puntasse verso il fondo degli attacchi con conseguente deragliamento della loco, causata da torsione della cassa.

Per determinare la giusta lunghezza ho usato semplicemente un pezzo di spiedino di bambù accorciato più volte fino a trovare una lunghezza tale che in tutte le posizioni possibili della loco su i binari, (esempi della Fig. 3 A-B-C) il bastoncino non puntasse o non uscisse dalle sedi, mantenendo comunque un minimo di giuoco in tutte le situazioni possibili.

 

Fig. 3

 .

COSTRUZIONE DEL GIUNTO CARDANICO

       Le sedi di alloggiamento del giunto sono di forma esagonale. La corda dell’esagono è di 5,14 mm e il diametro è di circa 6 mm (gli angoli non sono netti quindi la misura è approssimativa). La testa del giunto doveva ovviamente essere esagonale ed avere una misura lievemente inferiore a quella dell’alloggiamento  per avere un certo giuoco.

La tipica forma mi ha subito fatto pensare a quella di un dado (vedi Fig. 4)

Fig.4

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Ho usato due dadi per viti da 2,5 mm (nominali). Nota: le misure dei materiali per la meccanica sono solitamente basate sul pollice. Se misurate, col calibro elettronico, la filettatura di una vite da 2,5 noterete che in realtà misura circa 2,53/2,54 mm. Questo dettaglio però non è importante: sono le misure del perimetro esagonale esterno del dado che non devono  superare i 5,0 mm di corda e 2,5 mm di lato. Questi dadi sono abbastanza comuni ma se avete a disposizione solo dadi di misure maggiori, non vi resta che lavorarli di precisione con lima e carta smeriglio fino a portarli alle misure della Fig. 4.

Comunque dovete utilizzare dadi per viti da 2,5 – i dadi per viti da 3,0 sono comunque troppo grandi!

         Per limitare il peso, ho utilizzato uno spezzone di tubetto di ottone da 2,38 mm di diametro come asse del giunto (#1268 K&S Chicago)

Dopo varie prove sperimentali (vedi nuovamente la Fig.3) ho stabilito la lunghezza ottimale del giunto: 30.5 mm (tre cm e mezzo mm) ho tagliato a misura il tubetto di ottone e con una filiera da 2,5 ho filettato le estremità del tubetto in modo da impanare i due dadi da 2,5. (vedi Fig.5)

Fig.5

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Nota: Sebbene l’aritmetica sembri darmi, torto vi assicuro che funziona: come si è detto, il dado da 2,5 è adatto ad essere avvitato su una vite da 2,53 mm reali di diametro ed io ho filettato (con una filiera da 2,5) un tubicino da 2,38: non sembra coerente!  Ma dobbiamo ricordare che nella filettatura, il dado impana sul fondo del solco e questo è determinato dai denti della filiera, il diametro esterno della filettatura è meno importante. Certamente il dado non può serrare in modo stabile su questo “piccolo” tubetto filettato, infatti dopo le regolazioni, i dadi saranno saldati a stagno, in modo definitivo.

Lo scopo della filettatura, è quello di permettere la precisa taratura della posizione dei dadi e la corretta ortogonalità tra i dadi e l’asse del giunto al momento della saldatura. Precedentemente avevo tentato più volte di saldare dei dadi a spezzoni di tondino, di diametro 2 mm, semplicemente infilati e non avvitati senza mai ottenere risultati accettabili (errori di posizione, centratura e ortogonalità)

Anche se qui definisco esattamente le misure del giunto che ho realizzato, consiglio comunque di provare sperimentalmente varie posizioni dei dadi prima di saldarli, visto che si trovano in commercio dadi di differenti spessori ed a volte vi sono tolleranze tra un modello ed un altro.

Questo sistema (a dadi mobili) è adatto per realizzare giunti di diversa lunghezza (esempio: il giunto della FS gr 680 Rivarossi è più lungo).

Fig.6

..

Vediamo in Fig. 6 A le misure del giunto, determinate dalle prove sperimentali. A destra (Fig. 6 B) si vedono i dadi saldati a stagno. Nota le saldature sono state perfezionate e ridotte al minimo con limette cilindriche e carta smeriglio.

Faccio presente che il giunto che ho realizzato è alquanto diverso dall’originale RR (vedi Fig.2) in cui le teste esagonali sono molto sottili e poste quasi all’estremità del giunto.  A causa dello spessore notevole dei dadi, ho dovuto evitare che questi entrassero troppo in profondità dove le sedi si restringono e c’è meno giuoco. Inoltre l’asse è asimmetrico: la punta più lunga (2,5 mm) va inserita nell’alloggiamento della locomotiva  e l’asse più breve (2 mm) si inserisce nel tender. Questo perché l’asse è inclinato in avanti e per gravità, tende a spingere appunto verso la locomotiva, penetrando in profondità. 

L’asse completato verrà dipinto di nero (ma solo la parte compresa tra i dadi !) i dadi e le punte sono stati ben levigati con carta vetrata sottile e tutte le parti taglienti sono state smussate per evitare di “graffiare” le sedi esagonali in plastica di tender e loco.

Si raccomanda di ingrassare gli alloggiamenti con grasso al litio, prima di inserire il giunto e di controllare periodicamente il corretto ingrassaggio.

 

Oliviero Lidonnici                           

 

FINE DELLA PRIMA PARTE –

 NELLA SECONDA PARTE SARà ILLUSTRATO IL RESTAURO FORMALE DEL MODELLO

 

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