Bruno Grassi

Commerciale in Rivarossi

(intervista di Giorgio Giuliani, grazie a Mario Diani - Foto di Simone Mambriani)

 

 

Voghera, 4 marzo 2019 - Intervista a Bruno Grassi in Rivarossi dal 1971 al 2003

 

 Voghera 2019 - Mario Diani, io e Bruno Grassi durante l'intervista

 

In che anno è entrato in RR?

 

Bruno – sono entrato con un gruppo di quattro venditori provenienti dal settore della profumeria nell’agosto del 1971. Avevo 27 anni. Siamo stati a Monte Olimpino e abbiamo cominciato la nostra collaborazione con RR nell’area lombarda, e si è sviluppato un ottimo lavoro con gli startset che all’epoca erano un po’ bistrattati sia dai rivenditori che dal pubblico e questo ha permesso all’azienda di avere un ottimo fatturato. Nel 1972 siamo stati assunti dalla ditta.

A me è stato assegnato il Piemonte, una regione piuttosto difficile, perché sostituivo il precedente rappresentante il signor Milanese, che era di Torino. Io non ero piemontese, ero giovane e inesperto e subito ero visto con una certa diffidenze dai rivenditori piemontesi, ma sono riuscito ad ingranare bene e poco dopo mi è stata assegnata anche la Liguria. Successivamente sono diventato anche responsabile commerciale per la Lombardia.

Del gruppo di quattro venditori, col tempo, sono rimasto solo io.

Sono rimasto in ditta 31 marzo 2003, dopo la chiusura dello stabilimento di Como, il trasferimento della produzione a Isola Vicentina e la sede a Brescia.

 

 Como 1971 - Sala Mostra Rivarossi - Bruno Grassi, Marina del reparto montaggio RR, Franco Meregalli (rappresentante entrato nel 1971 come Grassi) e altra impiegata Rivarossi

 

 

Alessandro Rossi come era, che ricordo ne ha?

 

Bruno – era una persona molto seria. Lui non richiamava mai i dipendenti, ma lo faceva fare ai capireparto. A me non ha mai fatto rimproveri nessuno, nè lui, nè Cafieri, nè Prandi, mai.

 

Como 1972 - Sala Mostra Rivarossi - Cesare Liberali (rappresentante entrato nel 1971 come Grassi) e Bruno Grassi

 

 

Il clima interno alla Ditta come era?

 

Bruno – Io ero spesso furori. In ditta andavo in magazzino e in produzione, anche se quando c’era l’ingegner Moioli non voleva veder nessuno entrare in magazzino o in produzione. Ma io andavo ugualmente a prendere bustine di ricambi, non per me, che non ero appassionato, ma per ingraziarmi i clienti. Ed ero ben visto dai dipendenti con cui avevo un buon rapporto, con tutti.

Con Dossan ho lavorato bene. È stato bravissimo con la ditta in difficoltà. Poi ho collaborato con Onofri (anni ’90 ndr) che era un venditore, ma non di trenini, e non era conosciuto dai nostri negozianti.

 

Torino 1973 - Negozio AMAR

 

Come ha vissuto la crisi dei primi anni ‘80

 

Bruno – l’Azienda non aveva mai disponibilità economica per fare nuovi modelli e nuovi stampi e soffriva tantissimo la crisi del mercato. Faceva molte produzioni per l’America che davano la possibilità di rimanere a galla. Poi quando è arrivata la Roco con Faustini io mi sono trovato a confrontarmi con una ditta che faceva macchine italiane nuove in scala H0 corretta, mentre noi avevamo ancora la scala Rivarossi 1:80. Era difficile portare a casa gli ordini e fare fatturato non avendo novità da proporre e quella scala lì. Mi chiedo ancora come potessi fare comunque del fatturato!

Il ragionier Albonico mi chiamava la punta di diamante dell’azienda, perchè gli portavo ordini tutti i giorni.

Diciamo che ormai avevo raggiunto un rapporto di fiducia coi negozianti e questo aiutava molto. E io ero molto presente, andavo a trovare i negozianti abbastanza spesso e sapevo convincerli a fare ordini.

Dai negozianti ci andavo all’ora di chiusura per non distoglierli dalle vendite. Da Isacco ci stavo da quando abbassava la serranda fino alle nove di sera a prender su gli ordini. Poi mi documentavo sul mercato e sulle ditte concorrenti con le riviste di settore per essere informato sulle novità.

Adesso si vendono 6 – 12 locomotori a negozio allora se ne vendevano 50-70 anche cento per volta.

Negli anni ’90 avevamo proposto i “Negozi raccomandati RR”, ma i più grossi negozianti di Milano, una piazza molto importante, si erano accordati per non aderire  a questo sistema, ma io, uno dopo l’altro, sono riuscito a farli aderire, perché mi hanno detto poi, che avrebbero voluto aderire, sperando che gli altri non lo facessero!

Se oggi mi chiedessero “cosa vuoi fare da grande”, risponderei “quello che ho fatto”.

 

 

1977 - Attestato del Corso di specializzazione Rivarossi

 

 

Ha venduto anche materiale Pocher?

 

Bruno – sì, sia le automobili antiche che quelle moderne. Mi ricordo che quando abbiamo fatto la Ferrari Testarossa abbiamo richiamato dalle ferie Dossan, che era il direttore commerciale, per andare vicino a Brescia dove fanno le pentole e stavano stampando parte delle automobili. Le prime erano un disastro.

Avevamo messo su anche un finanziamento al cliente finale. Una banca che non ricordo che aveva un settore che si chiamava Linea e con questo finanziava al cliente la cifra per comperare la Testarossa che costava 540.000 Lire, ma l’iter era un po’ macchinoso, come oggi per altro e non ha avuto un grande riscontro, però ci abbiam provato. Probabilmente era un prodotto prematuro, ora è all’ordine del giorno.

 

Novegro 1992 - Stand Rivarossi

 

Aneddoti?

 

Bruno – Durante l’Amministrazione Controllata c’era il dott. Corno, e dovevo prendere alcuni milioni di provvigione ma soldi non ce ne erano. Allora ho proposto a Corno di pagarmi con materiale da rivendere e ha detto “si può fare”. E così sono riuscito a rientrare della somma … anche se solo in parte.

Prima dell’Amministrazione Controllata erano venuti alcuni “giovani industriali” parenti e conoscenti di Rossi per vedere se era possibile far ripartire la baracca senza arrivare all’Amministrazione Controllata. Abbiamo  fatto alcune  riunioni ma non ce l’hanno fatta, hanno rinunciato. C’era Orsenigo e un altro che non ricordo.

Con la crisi abbiamo perso tante ditte estere che distribuivamo, come Faller e Vollmer, che si vendevano bene!

 

Andavo anche in fiera a Novegro. Noleggiavo le vetrine e me le davano piene di povere, una mattina intera per pulirle con stracci e prodotti in attesa dei modelli da esporre. Andavo anche alla fiera di Fossano e a Norimberga.

Mi davano responsabilità e piena fiducia, ma il mio nome non appare mai!

 

Quando ho chiuso con RR mi hanno chiamato all’ACME che era appena partita.

Adesso collaboro con l’ing. Antonini della ATM

 

 

 

 Voghera 2019 - Mario Diani, io e Bruno Grassi

 

Testimonianze