GIORGIO MIZZI

illustratore per eccellenza

di Massimo Cecchetti

 

Per introdurre Giorgio Mizzi, bisogna ricorrere, una volta ancora, ad Amleto dalla Costa, il fedele interprete dell'immagine rivarossiana.  Con il trascorrere del tempo la figura di dalla Costa si trasformò, da semplice creativo al servizio di un'azienda nascente, nella struttura più ampia e complessa di uno studio pubblicitario (studio dalla Costa), con collaboratori ed artisti  free-lance al proprio servizio.   Fu in questa sede che dalla Costa conobbe, letteralmente aprendo la porta ad un trillo di campanello, Giorgio Mizzi, un giovanissimo illustratore milanese, allora poco più che ventenne.  La strepitosa capacità di raccontare la realtà attraverso pennelli e colori e la innata sensibilità per le esigenze del mondo pubblicitario indussero immediatamente dalla Costa  a proporre il nuovo illustratore ad Alessandro Rossi, per la realizzazione delle copertine dei cataloghi generali, sulla linea  tracciata da lui stesso dal 1954.
Giorgio Mizzi nacque a Milano il 13 aprile 1940 e ai fatidici 14 anni entra all'Istituto Statale d'Arte di Milano, nella sede del Castello Sforzesco . La sua innata capacità di riprodurre i più disparati soggetti, dai dettagli di una struttura meccanica ai delicati tratti di un volto femminile, lo coinvolgono immediatamente nel mondo pubblicitario ed editoriale. Si dedica all'illustrazione del libro, alla stesura di tavole per i più famosi settimanali del tempo, alla realizzazione di manifesti cinematografici, al disegno creativo ed iperrealistico indispensabile al mondo pubblicitario.

Nacquero così per Rivarossi le tavole delle copertine dei cg (HO, N, O) dal 1962 al 1971 riprese, dopo una pausa di 8 anni, con il catalogo novità 1978 e con il cg 1979/80. Nel cg 1977/78, invece, la copertina fu affidata a George Heiron (Ian Allan editore), in occasione della presentazione dello splendido convoglio “Royal Scot”, probabilmente per un abbattimento di costi nell'acquisto di tavole già edite. Mizzi fu inoltre incaricato della preparazione delle tavole per molte confezioni di start-set o di impianti completi.

La fortissima personalità di Mizzi impresse immediatamente alle copertine ma anche ai retro-copertina e ad alcune tavole interne (come il fondo per il fotomontaggio della Big Boy alle pagine 30-31 del cg 67-68) un'impronta di grande gusto pittorico associato ad una impressionante carica di verismo.  L'impianto fotografico delle tavole dona uno splendido supporto alla libera interpretazione artistica di modelli ed ambienti ferroviari, dove la prevalenza di strutture tecnologiche, tipiche della ferrovia, non pregiudicano la libertà della pennellata, la sapientissima calibrazione del colore, la solida impostazione di prospettive e volumi.  La massiccia dose di realismo, indispensabile per la condivisione con un appassionato pubblico di ferramatori, fusa ad uno straordinario intreccio pittorico, donano ai cataloghi una dignità ed una nobiltà artistiche che una semplice fotografia non sarebbe mai stata in grado di restituire.

Le tavole di Mizzi sono tra le più affascinanti copertine che Rivarossi abbia mai prodotto. L'accoglienza del pubblico fu favorevolissima, al punto che per più di un decennio furono identificate con l'immagine del catalogo aziendale.

Dal 1983 Giorgio Mizzi si trasferì, per riunirsi alla famiglia tedesca della moglie, a Buxtehude, nel nord della Germania, dove continuò a lavorare, con enorme successo, come artista free-lance, fino al 2008, anno della sua morte, prematura ed inaspettata, a 68 anni.

 

Una deliziosa copertina per l'editoria giovanile. La personalità di Mizzi spicca decisa tra tratti realistici e pittorici, destreggiandosi sicura tra disegno e stile di vita, in un paperback per la gioventù femminile degli anni '80.  (Louisa May Alcott - Le piccole donne crescono - Edizioni Accademia – Milano 1982)

   

 

La prima copertina di Mizzi per Rivarossi, dopo aver preso il testimone da dalla Costa, nel cg 1962-63. L'imponenza della Gr 691, la grande Pacific italiana, è perfettamente restituita dal disegno. Lo sbuffo di fumo, pigro e leggero della macchina in pressione ed il passo del ferroviere, in secondo piano, si sforzano di animare la sonnolenta atmosfera del deposito. L'imponenza degli edifici sullo sfondo (sembrano gli stessi della copertina del cg 66-67) farebbero supporre l'esistenza della trazione elettrica nel deposito, ma i cui elementi potrebbero essere stati soppressi da Mizzi, nel collage grafico preparatorio, per valorizzare al meglio l'atmosfera del vapore.

 

  

Prospettiva fotografica ed aria montanara (...Primolano?) per la Gr 940, evoluzione, nel rodiggio e biellismo, della Gr 740 Rivarossi. Lo struggente controluce del tramonto  sembra sottolineare come l'era del vapore stia definitivamente tramontando, anche se sotto la catenaria sosta ancora un'altra vaporiera Rivarossi, la Gr 625. I dettagli realistici sono infiniti: la pozzanghera sotto la colonna idrica, le traversine sommerse nel terreno, il passo del ferroviere congelato dal clic fotografico, il carro Ltm in sosta sul tronchino (ma di architettura diversa da quello prodotto da RR), la fanaleria delle macchine, lo sbuffo dello scappamento della vaporiera in pressione.

Stranamente la copertina rappresenta una Gr. 940, già a catalogo da quasi tre anni, mentre le novità di quell'anno sono la Gr. 691, 685 e 851, probabilmente ancora in fase di progetto o non ancora perfettamente sviluppate.

Come quasi tutte le altre copertine, la tavola non è firmata da Mizzi ma porta la dicitura “studio dalla Costa”, in realtà il vero committente della tavola.

 

 

 

Straordinario dettaglio della copertina precedente e che probabilmente sintetizza tutta le capacità descrittive di Mizzi. I particolari meccanici della locomotiva ci sono tutti: la pompa con le sue alette di raffreddamento, il gruppo cilindri con le valvole di spurgo, la fanaleria elettrica, le lamiere tirate a lucido della macchina. Tuttavia, nonostante la dose massiccia di realismo, Mizzi riesce ancora a donarci una vera e propria opera d'arte per la leggerezza del tocco e il delicatissimo materiale pittorico, per l'atmosfera densa ed avvolgente.

L'insegnamento della grande pittura seicentesca, specie olandese, è rimasto intatto attraverso tre secoli.   Dalla straordinaria pittura barocca alle più modeste copertine per cataloghi.  Sono cambiati l'uso, la destinazione e la nobiltà dell'oggetto, ma la grande scuola pittorica è rimasta inalterata  (particolari della copertina del cg 63-64 e di  “the Milkmaid” – Jan Vermeer - 1659 circa).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sapore western di metà '800 per la copertina del cg Pocher 64-65. Gli enormi sbuffi di fumo delle due American, veri soggetti della tavola, la fuga prospettica del lungo convoglio passeggeri, gli edifici ferroviari (molto Revell), sono resi perfettamente dalle rapide e coloratissime pennellate di Mizzi. I due personaggi in primo piano aiutano a classificare cronologicamente la scena ed il materiale ferroviario illustrato. Pocher era entrata da circa un anno nell'organico societario di Rivarossi e a Como ci si preoccupava anche del catalogo generale dell'azienda torinese.

 

 

 

 

 

Nello stesso anno del catalogo Pocher, Mizzi disegna la tavola per il catalogo generale Rivarossi che ritrae l'uscita di una Gr 685 dalla centrale di Milano.  Ancora una volta l'origine fotografica della tavola è riconoscibilissima, specie nella riproduzione del complesso intreccio della catenaria della stazione. Le pennellate, leggere e sapienti descrivono però, quasi con pignoleria, la locomotiva mentre scarica vapore per prendere velocità. Su indicazione di Como i mancorrenti sono qui riprodotti in un giallo caldo, ad imitazione del modello RR con mancorrenti dorati, caso quasi unico nella produzione Rivarossi, e che verrà presto abbandonato.

 

 

 

 

 

Ancora una pigra atmosfera di deposito, con locomotive in sosta, contrariamente alla molto più comune soluzione di riprodurre treni in corsa dentro fughe prospettiche esasperate.  La e428 013 di prima serie è la novità dell'anno, logica evoluzione delle serie dello storico modello RR. In sosta anche una e646, che dona l'unico tocco di colore alla tavola, tutta impostata sul castano-isabella della macchina e sui terra-di-siena di terreni ed edifici. Geniale la realizzazione, con le sole alte luci, del complesso rodiggio della macchina in primo piano. Unica eccezione alla immobilità della scena è il passo del ferroviere che lascia turno e deposito. Un'immagine senza enfasi, quotidiana al punto che solo la notevole interpretazione artistica la rendono unica e attraente.

 

 

 

 

 

La Big Boy, con la sua straordinaria potenza entra letteralmente nella copertina del cg 1967/68 direttamente dal paesaggio desertico americano, scarno ed essenziale. La vaporiera illustrata, straordinaria novità di quell'anno, porta i road number del modello e raffigura la versione “all black” della locomotiva. La sbuffante enorme potenza della macchina è perfettamente rappresentata dalla fuga prospettica e dagli sbuffi di vapore che fuoriescono dalle valvole e dal doppio scarico sopra la camera a fumo. E' particolarmente interessante notare come l'avvento della fotografia e i suoi magici filtri, abbia influenzato anche l'illustratore, che dipinge il faro centrale della macchina con l'effetto “cross screen” tipico del mondo fotografico.

 

 

 

 

 

Impressionante primo piano di una Gr 746, al suo arrivo in stazione.  La Mikado verrà prodotta da Rivarossi solo 8 anni dopo ma per ora decora, con grande effetto, la 4^ di coperta del catalogo generale 67-68.  Anche qui l'origine fotografica è evidentissima, tuttavia Mizzi si libera dalle pastoie fotografiche elaborando il facchino ed i suoi bagagli, in una prospettiva leggermente sfalsata. Sono pittorici e molto decorativi il sorriso del ferroviere, le cerniere, i nastri e le targhette, frutto di interventi successivi e personali dell'artista.  La postura del ferroviere è estremamente naturale, ed è il probabile frutto di un collage grafico di una scena sull'altra. Ma tutto ciò dona allegra vivacità e movimento alla tavola.

 

 

 

 

L'ultima copertina disegnata di Mizzi per Rivarossi. Il professionista aveva, nel tempo, maturato una propria sensibilità nel riprodurre treni e locomotive (basta raffrontare questa tavola con la prima del 62-63) ed aveva messo a punto una smaliziata formula espressiva che, aumentando il realismo, svelava inequivocabilmente la personalità artistica dell'autore.  Le tre locomotive sono frutto di un montaggio grafico di tre immagini separate ma ricomposte, grazie all'uso dell'ingranditore fotografico, sulla tavola da disegno e poi successivamente tratteggiate e colorate.  Il tempo dell'immagine disegnata stava per finire nel mondo della comunicazione, sostituita dalla fotografia, sicuramente molto più economica e, sotto certi aspetti, più completa di informazioni.

 

 

 

La firma artistica di Giorgio Mizzi, in basso e quasi al centro della tavola precedente.  Mizzi si firma con un piccolissima dose di arguzia: La “I” maiuscola, grazie all'apporto di un non troppo regolare puntino e alla rotazione di 180° si trasforma in un giocoso punto esclamativo.

 

 

 

 

 

 

 

Uno struggente saluto di Giorgio Mizzi, pervenutoci grazie alla cortesia di Enrico Maria Porro.

 

Testimonianze