RIVAROSSI IN VAL SERIANA

(testo di Gabriele Montella)

Piace supporre che sia stata la sgargiante livrea avorio e rosso ad aver indotto Rivarossi nel 1989 a mettere in commercio la AD 5602 (art. 1792) con la sua unità rimorchiata (art. 2469).

Esteticamente si differenziava dalla ALn 56 F.S. n. 2059 (cod. 1789) uscita l’anno precedente per la mancanza dei dispositivi acustici alle estremità e per l’aggiunta del terzo faro , come nella realtà.

Identico era l’arredamento interno.

Più interessante appare invece rivisitare la storia della riproduzione dell’automotrice LD.

Siamo nei primi anni ’60 e l’austriaca ROCO Modelleisebahn GmbH era stata appena costituita.

Allora il mercato europeo del fermodellismo ad alto livello a “corrente continua” era quindi ristretto a Rivarossi, Fleischmann e Trix del gruppo Marklin.

Logica era quindi la concorrenza ma con reciproco rispetto e ammirazione delle rispettive produzioni.

Tra Rivarossi e Trix si instaurò una particolare intesa con scambio di modelli, prodotti dall’una ma commercializzati dall’altra con il proprio marchio.

Ciò accadeva in particolar modo quando di un modello si prevedeva  un mercato di nicchia che non avrebbe permesso l’ammortamento del costo dello stampo, ma tuttavia lo si voleva ugualmente inserire nel proprio catalogo.

 

 (Trix cod. TE 263: 1960)

E’ stato questo il caso della motrice V 36 molto diffusa in Germania e quindi prodotta da Trix in varie versioni di successo (nera, verde e rosso amaranto).


Analogo successo non avrebbe presumibilmente avuto in Italia una versione F.V.S. autonomamente prodotta da Rivarossi, che quindi concordò con Trix la commercializzazione con proprio marchio di un suo modello modificato.

 

                                               (Art. 1772 – anno 1962)

Come si può rilevare dal raffronto tra la macchina vera e i modelli di Trix e di Rivarossi, quest’ultimo non può certo dirsi pienamente riuscito.

Se infatti era stata agevole l’eliminazione della cupolina trasparente altrettanto non potè farsi per la targa anteriore e per quelle sui lati della cabina, le quali continuavano a riportare la sigla “V36 257” del modello tedesco.

Diverso era poi l’andamento delle griglie del radiatore.

Il modello richiamava la livrea degli anni ’60, con la scritta per esteso e l’assenza di mancorrenti e modanature gialli.

In generale deve poi dirsi che questo modello appariva ai collezionisti esigenti come un elemento estraneo alla normale produzione di Rivarossi, essendo realizzato in pesante metallo pressofuso e dotato di una motorizzazione inusuale.

Tutti questi motivi hanno contribuito al “flop” commerciale del prodotto che solo ora nel mercato dell’usato raggiunge quotazioni elevatissime per la sua rarità, seconde solo a quelle dei primi modelli degli anni ‘40/50.