L’ITALIA DEI TRENINI PERDUTI

IL  COLIBRI’ DI MERCURY

(di Gabriele Montella)

La produzione della Mercury era molto diversificata fin dagli anni ’50 quando le condizioni economiche delle famiglie italiane iniziarono a migliorare dopo il disastro della guerra così che il mercato del giocattolo cominciò ad essere appetibile.

Accanto quindi alla tradizionale produzione dei modelli di automobili e camioncini trovarono spazio altri settori definiti “ingegneria” (come la gru “Ursus” e la teleferica azionate elettricamente), “armi e tiro al bersaglio” (come il cannoncino e il fucilino a molla per sparare chicchi d riso) e “giocattoli per bambine” (deliziosi piccoli tritacarne, bilancine e financo i mobiletti per una completa cucina).

Si aggiunsero poi altri settori come  gli aerei e le navi, ma certi prodotti non possono inquadrarsi in nessun campo ed è questo il caso del trenino “Colibrì”

 

 

Venne prodotto per qualche anno a partire dal 1950 secondo la tecnica usata per le coeve “Micromercury” che erano in scala H0 molto approssimativa, delle quali si approvvigionarono abbondantemente la Conti CO.MO.G.E. e soprattutto la BRAL.

Delle “Micromercury” utilizzavano infatti le stesse ruotine, che alloggiate seminascoste all’interno della locomotiva e dei carrelli permettevano lo scorrimento.

 

Facendo una rozza proporzione si può dire che la scala del treno era approssimativamente una “N”.

La locomotiva era infatti lunga 90 millimetri e il tender 61.

La locomotiva era priva di motore ed automatismi ed era venduta nella sola colorazione verde brillante con l’interno del tender in verde scuro.

Era prevista anche la vendita di esemplari grezzi che gli acquirenti potevano colorare come meglio credevano.

 

Era  un modello destinato solo al movimento manuale a spinta tipico dei bambini, di quelli che allora si chiamavano i modelli “de plancher”, cioè “da pavimento”, appunto.

Tenendo conto del rodiggio (1 4 1) e della grandezza delle ruote motrici  poteva essere una Gr. 746 FS.

La locomotiva (ref. 145/1) e il relativo tender (ref. 145/2) erano dapprima corredati da una serie di carrozze dipinte in colori vivaci e della  lunghezza di 61 millimetri.

 

Pur essendo marcate “FS”  quelle carrozze erano di chiara derivazione americana.

 Il bagagliaio richiamava  infatti un “combine car” e quella in basso un “observation”, segno evidente del fascino che avvolgeva le ferrovie d’oltreoceano.

Più abbondante era la produzione di carri: all’iniziale  e coevo (1950) carro a sponde basse fecero seguito (1952) , tra gli altri,  quello cisterna marcato “Esso”, quello con betoniera, con la gru e il telonato.

 

 

Quanto alle confezioni il treno veniva proposto in anonime scatole di cartone con la dotazione alla locomotiva di quattro o sette vagoni misti.

Era prevista anche una confezione ridotta con due sole carrozze ma con disegnato il binario e uno sfondo alberato.

Dopo pochi anni la produzione terminò e senza eccessivi rimpianti perché Mercury mai credette veramente in questo prodotto, tanto è vero che ai modelli non erano stati dati autonomi numeri di referenza ma solo sottonumeri di 145: la carrozza blu denominata “Belvedere” era infatti distinta con la ref. 145/5.

Da ultimo giova segnalare come nel 1952 la locomotiva e il tender vennero presentate anche nella serie “Micromercury” in versione più piccola (ref. 236 e 236/a), quasi una scala “Z”, in colore verde molto chiaro.

 

Le altre marche

Industria italiana del modellismo