RRagazzi RRivarossi - PLASTICO BARBERINI

 di Giulio Barberini e Massimo Cecchetti, foto di Giulio Barberini

Lo splendido racconto, che Giulio ci manda sull'onda della memoria, merita di essere riportato integralmente.   Il racconto narra le impressioni di un bambino che assiste, stupito ed ammirato, all'allestimento ed alla preparazione del plastico del Papà, integrato dalle osservazioni dello stesso Giulio, oggi diventato fermodellista evoluto e titolare addirittura di un sito fermodellistico, che segnaliamo volentieri:   http://www.trainpassion.it/ 

Il racconto, in certi momenti diventa addirittura commovente nel descrivere l'amore dei genitori per il loro bambino, in circostanze e consuetudini che gli rimarranno impresse per tutta la vita.   Le poche foto, tutte eseguite durante una piccola sessione fotografica familiare, ci servono più a capire l'attenzione di un bambino davanti al passaggio dei piccoli treni, che a descrivere il plastico vero e proprio. Ma non è affatto poco. Ecco dunque il racconto di Giulio:

Giulio ed il suo trenino... dalla cassetta di espansione dell'impianto di riscaldamento, sullo sfondo, il plastico si trova già in soffitta. Dubino, ancora isolata ,attende una sua collocazione sul plastico.

“...Ero sicuramente più basso di un metro mentre osservavo incuriosito mio padre che assemblava una struttura in legno con bulloni e dadi e che a me sembrava gigante…..questo è il primo ricordo di qualcosa che da lì a poco sarebbe diventata per me un piccolo mondo incantato.
Credo corresse l’anno 1967 quando la struttura della quale non potevo vedere il piano, ma solo le gambe, fu smontata e rimontata nella soffitta della nuova casa di famiglia. Passava il tempo ed io crescevo e finalmente potevo ammirare cosa stava nascendo al di sopra di quelle gambe di legno….”un trenino!”, o per dirla esatta un “plastico ferroviario”.

Benché non avessi il permesso di giocare con i modelli, nella mia immaginazione quel plastico era anche mio ed era una immensa gioia rimanere per ore in ammirazione di quello che stava prendendo forma”.

Giulio, finalmente, riesce ad affacciarsi al piano del tavolo... la scoperta di un nuovo mondo!... L'uso di una forte illuminazione diretta, proveniente da una lampada, ha reso sottoesposta quasi tutto il resto dell'inquadratura.  Ma noi riusciamo comunque a vedere l'attenzione e la serietà di Giulio.

Giulio continua a raccontare ma nelle prossime righe ricorda, con la memoria di adulto, gli accessori del plastico.  Ma fa subito uso delle parole “ovviamente Rivarossi” e questo mi fa pensare, una volta di più, come allora (alla fine degli anni '60 ed in Italia) il sinonimo di fermodellismo di qualità era solo Rivarossi e sarebbe stato Rivarossi ancora per molti anni.   La concorrenza italiana, con i suoi approssimativi modelli, traballanti e rumorosi era attestata a prodotti di qualità nemmeno lontanamente  paragonabile alla produzione di Como.   Ma continua ancora Giulio:

“Tutto il materiale era ovviamente Rivarossi e potevamo ammirare la stazione di Pergine e quella di Dubino, il magazzino merci, la rimessa locomotive di Milano Smistamento, nonché banchine, ritirate, linea aerea, massicciata in spugna, sganciavagoni magnetici e, dulcis in fundo, il passaggio a livello elettromagnetico azionato dalla controrotaia.
La stazione disponeva di tre binari e di opportuni sezionamenti, oltre ad un automatismo realizzato con i famosi relè bistabili (e poco stabili) Rivarossi.  Tutto come da manuale dei tracciati, quindi.

Pergine, sempre splendida, nonostante l'impietosa illuminazione, ed il bagagliaio DUZ 95000.

Il racconto di Giulio, ora adulto, si sofferma, adesso, su una descrizione più tecnica e specialistica del plastico e dei suoi accessori:

Il plastico aveva una dimensione approssimativa di 4 metri per 2,5, un circuito molto semplice costituito da un doppio ovale ed una coppia di tronchini, uno dei quali conduceva alla succitata  rimessa locomotive, quella con le porte automatiche, tanto per intenderci, azionate dal paraurti interno grazie ad un leverismo non proprio preciso ed affidabile.

Il fermodellista  Angelo Barberini  (il padre di Giulio – n.d.r.) aveva seguito ordinatamente le numerose spiegazioni fornite da Rivarossi riguardo al suo sistema integrato, agevolato anche dal fatto che il venditore di treni abitasse nel loro stesso stabile.  Il parco rotabili era composto da E636, E424, E428, D341, diverse carrozze e carri merce,  compreso il famoso carro postale con il fischio.

Con il tempo il fermodellista si lanciò anche in audaci autocostruzioni, fra le quali ricordo la piattaforma girevole, una piazzetta con giardino e lampioni, la prima montagnola rigorosamente costruita con telaio, rete metallica e cartapesta.

Giulio guarda ammirato il transito di un convoglio. In primo piano il carro Di con fischio (1961), comandato dalla sezione di rotaia dritta AT. Si intravvede, un po' troppo sovraesposto, anche lo scalo merci Olgiate Calco

 
Ma ora i ricordi prendono il sopravvento; Giulio evoca un episodio che gli rimarrà impresso per tutta la vita e ce ne fa partecipi.

Il mio apporto, per quanto riesco ora a rammentare, non fu di grande entità. Ricordo comunque con grande gioia ed emozione un episodio bellissimo. Era una serata invernale ed io, mio padre e mia madre stavamo tutti lavorando alla costruzione della piazzetta con giardino sul tavolo della cucina. Mio padre stava realizzando i lampioncini, mia madre tagliava piccoli pezzi di cartoncino ad imitazione della pavimentazione in pietra ed io li incollavo al loro posto. Al termine del lavoro spegnemmo le luci ed accendemmo i lampioncini…ai miei occhi si presentò uno spettacolo meraviglioso, un'altra realtà ridotta in scala sulla quale sognare ad occhi aperti. Questo è forse uno dei più bei ricordi che tuttora mi accompagnano,  per la soggettiva bellezza dell’opera, ma soprattutto per l’emozione del momento, tutta la famiglia che gioca insieme!
Una splendida consuetudine voleva poi che Babbo Natale portasse doni anche al plastico, per cui il giorno di Natale, dopo aver scartato i pacchi sotto l’albero, si saliva in soffitta per vedere quale fosse il dono per il plastico. Questa usanza è stata riportata nell’attualità e fintanto che Babbo Natale passerà con il suo carico di doni, ce ne sarà sempre sicuramente uno anche per il plastico.

Purtroppo la percentuale di plastici che arriva a completamento è piuttosto bassa e questo tracciato Rivarossi non vide mai la fine dei lavori. In una tristissima giornata di ottobre del 1970 il plastico fu smontato e ceduto a mio zio, causandomi un cocente dolore ed un acuto risentimento nei confronti del parente prossimo.

In realtà questo fu solo l’inizio, giurai a me stesso che non appena avessi avuto l’occasione avrei costruito un plastico tutto mio……il resto è storia di oggi e campeggia al sicuro da parenti nel mio garage!”

 

Plastici Rivarossi RRagazzi RRivarossi