Intervista a Sergio Sabbadin

titolare della “ SABBADIN cartoleria giocattoli”

di Venezia, Calle dei Fabbri, 4715

di Massimo Cecchetti

Il negozio, nei cui locali oggi si vende abbigliamento, era situato in un punto strategico della città, tra i poli turistici di Rialto e S.Marco.  Ebbe un momento di grande sviluppo negli anni '60, grazie alla passione per il modellismo dei due giovani titolari. Nell'intervista emergerà la singolare caratteristica commerciale dell'economia veneziana, essenzialmente basata sull'offerta turistica. Il Sig. Sabbadin cita anche la presenza di locandine pubblicitarie Rivarossi nei mezzi di trasporto pubblico. Contrariamente al trasporto urbano delle altre città, il sistema di navigazione veneziano offriva scarsissimi spazi pubblicitari, da sempre inutilizzati.  Rivarossi sarà tra le prime aziende a sfruttare questo semplice mezzo di comunicazione, posizionato in apposite cornici  sopra i finestrini dei “vaporetti”, come sono chiamati ancora oggi i mezzi di navigazione interna. Il lento avanzare nei canali cittadini favoriva indubbiamente  la lettura dei piccoli comunicati pubblicitari da parte, oltre che dei veneziani ,anche dall'intero popolo dei turisti.

 

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Quando fu aperto il negozio?

Mio padre aprì il negozio nel 1940, primo anno di guerra.  All'inizio si vendevano solamente articoli di cartoleria, belle arti e qualche giocattolo. Ma quando ereditammo la gestione del negozio, io e mio fratello fummo anche attratti dal mercato modellistico, allora in espansione e così dedicammo un intero reparto al modellismo navale, aereo e ferroviario.

Il modellismo navale si vendeva bene a Venezia, città di mare, grazie anche alla nuova disponibilità sul mercato di scatole di montaggio di navi, sia in plastica che in legno pretagliato (Amati, Movo).

Quasi contemporaneamente estendemmo anche la sezione aeromodellistica, statica e dinamica, con le prime miniaturizzazioni di  motori a scoppio e i primi radiocomandi servo-assistiti.

Io, invece, appassionato del treno elettrico, mi dedicai volentieri a quella sezione. Dal 1959 cominciammo a vendere Rivarossi estendendo poi gradualmente la gamma  ferroviaria a Pocher, Fleischmann, Lima, Casadio e agli accessori  Faller, Vollmer, Preiser, Revell.  Eravamo il negozio più fornito in città sia per diversità di marche che per l'allora importante assistenza post vendita, con la riparazione di modelli e la fornitura di ricambi.  Mi costruii anche un plastico in soffitta in cui facevo correre insieme materiale Rivarossi e Fleischmann, sostituendo a quest'ultimi il vistosissimo gancio di traino.

Come erano i volumi di vendita in una città turistica come Venezia?

Nel nostro negozio il fatturato del modellismo superò ben presto quello della cartoleria. Nel fermodellismo i volumi di vendita di Lima erano superiori a Rivarossi grazie ai suoi prodotti estremamente economici, tipici della richiesta turistica. La  clientela più esigente, però, si fidelizzava quasi subito al marchio Rivarossi, considerandolo, a ragione, una punta di eccellenza.  Moltissimi nostri clienti erano turisti di passaggio in città, specialmente tedeschi. Un nostro affezionatissimo cliente polacco, ci visitava ogni anno, facendo incetta di modelli ad ogni sortita.  Forse è per questo che Rivarossi, grazie alla nostra segnalazione, iniziò una piccola campagna promozionale sulle locandine dei mezzi pubblici locali. (I mezzi di trasporto urbano, “i vaporetti”,  dedicavano, allora, pochissimo spazio pubblicitario all'interno dei mezzi, considerandolo invasivo e non allineato con lo stile storico ed artistico che pervadeva la città.  La comparsa delle prime locandine, oltretutto molto piccole e discrete all'interno dei mezzi, produsse, però, un inaspettato  interesse tra cittadini e turisti – n.d.r.)

I primi contatti con Rivarossi?

Contattai direttamente Rivarossi a Milano, alla fiera campionaria, nel Febbraio del 1959,  dove conobbi anche il rappresentante di area per  il Veneto e con cui instaurai duraturi rapporti di lavoro.  Rivarossi non pretese da me mai nessun contratto ne di vendita ne di esclusiva.

E dell'assistenza post-vendita?

Nel 1960, feci il corso di riparatore a Como, della durata di una settimana, assieme ad altri negozianti. Lo ripetei anche l'anno successivo.  Rivarossi era particolarmente interessata alla preparazione tecnica dei commercianti sul punto vendita, per alleggerire la casa madre del compito delle riparazione dei modelli. Si trattava di  un onere particolarmente gravoso per l'Azienda che doveva distogliere maestranze specializzate da compiti più importanti e dal costo mai totalmente coperto. Oltretutto la riparazione risultava anche più celere per la clientela.

Come si svolgeva il corso riparatori?

Fummo ospitati per un'intera settimana in un albergo cittadino. Eravamo 5-6 negozianti, provenienti da tutta Italia, interessati alla riparazione dei modelli. Era prevista anche la fornitura nei negozi di un certo numero di ricambi standard, da integrare, alla necessità, con la richiesta di pezzi specifici, che ci venivano consegnati a mezzo pacco postale.

Il corso si svolgeva negli ambienti del museo sotto la scuola e la guida dei progettisti e dei collaudatori e, quando necessario, con  frequenti puntate ai reparti di produzione.  Per verificare le nostre capacità ci affidavano anche la riparazione di qualche locomotiva, naturalmente sotto la supervisione dei tecnici Rivarossi.

Ricordo un periodo particolarmente impegnato e remunerativo, per noi  riparatori, durante il cambio nazionale della tensione elettrica, dai 125 V ai 220 V.  In quell'occasione fu necessario sostituire le vecchie bobine dei trasformatori con altre, adeguate alla nuova tensione. Fu un grosso impegno e guadagnammo bene.  Io, invece adattai il mio vecchio trasformatore RT3 con due delle bobine rimaste (e di cui avevamo interi scatoloni da buttare) collegandole tra loro in serie. Riparavamo anche i motori elettrici, dotati delle famigerate sferette. Fu al corso che imparai a tenerli fermi col grasso per poter chiudere con facilità il motore.  Inspiegabilmente a Como si ostinarono a produrre i motori in proprio anche quando esistevano già micro motori per i servo comandi radio (molto più economici e sottodimensionati).  Li conoscevo bene dato che li commerciavamo in negozio, nella sezione aeromodellistica.

Che effetto ebbe la serie “rr” sul pubblico?

Con l'arrivo della serie “rr”,  (offerta dal1959 al 1965 – n.d.r.), progettata per contrastare la fascia economica Lima, realizzammo veramente delle buone vendite, specialmente nel periodo natalizio (Venezia, il cui turismo non è solo stagionale, è frequentata durante tutto l'arco dell'anno – n.d.r.). Nella sua economicità, la serie “rr” (che comunque sfruttava eccellenti  stampi e meccanica  di serie) riuscì a contrastare con successo la produzione Lima, di dubbia fedeltà modellistica e di scadente qualità meccanica.  La serie “rr” si adattava facilmente a conquistare un pubblico giovane, che spesso si appassionava anche all'autocostruzione. Si prestava ottimamente anche ai tipici regali parentali di circostanza. Con mia grande sorpresa, la serie economica durò solo pochi anni, nonostante i buoni volumi di vendita raggiunti.

La serie “rr” fu commercializzata in molti altri negozi cittadini di giocattoli o cartoleria, anche se non specificatamente dedicati al fermodellismo ed anche senza particolari o specifici  contratti commerciali.

Ricordo l'arrivo in negozio di un innovativo espositore rotante (dispenser come veniva definito in Rivarossi – n.d.r.) che permetteva al pubblico una facile e completa visione dei prodotti ed un intuitivo contatto con i modelli.

Un anno comperai ben 12 pezzi dell' E424, data la bellezza del modello ed il prezzo straordinariamente economico.  Li vendetti quasi immediatamente, ancora prima della regolare scadenza della fattura di acquisto  (nel catalogo 1964/65 l' E424  serie “rr” costava 3500 lire contro le 6000 della serie TrenHObby e le 8400 lire della “serie modello”. Una notevolissima differenza di prezzo per tre modelli  che, almeno esteticamente, risultavano pressoché uguali – n.d.r.).

Il mercato americano?

Tenevamo solo qualche pezzo in negozio per pochi appassionati e spesso su richiesta. Nonostante la bellezza dei modelli ed i volumi di esportazioni dichiarati a Como, la nostra clientela “turistica” non ci permetteva di incrementare quel settore fermodellistico, almeno a Venezia e nel nostro negozio.

Chi ha conosciuto della direzione di Como?

I primi anni conobbi personalmente Alessandro Rossi, durante le mie visite in azienda, in fiera a Milano e durante i miei due soggiorni a Como al corso per riparatori. Era una persona straordinariamente educata e professionalmente preparatissima. In quelle occasioni ebbi modo di conoscere anche quasi tutto lo staff direzionale e produttivo.

Ricorda lo stabilimento?

Moderno, bello, completamente nuovo, con grandi ambienti per l'assemblaggio dei modelli, un reparto ben organizzato per la verniciatura, sempre splendida in Rivarossi ed un notevole magazzino, sia per la componentistica che per il prodotto finito.

Ricordo un reparto tornitura con almeno sei torni automatici, controllati da un unico operatore, per far ruote, cerchioni, ingranaggi, trasmissioni, e la più svariata componentistica. Venivano fatti controlli casuali ad ogni fase di lavorazione, proprio per mantenere alta la qualità di produzione. Personale femminile curava invece l'assemblaggio dei modelli, compreso il biellismo, contenuto sfuso in minuscole cassettine e l'assemblaggio a pressione dei cerchioni metallici sulle ruote, caratteristica unica dei modelli Rivarossi. Sempre personale femminile curava il confezionamento. Ci fu un periodo in cui fu cambiato il fornitore della plastica delle ruote ma queste si sfilavano poco dopo dai cerchioni;  per fortuna si accorsero subito del disguido e ritornarono al vecchio fornitore.  Secondo la filosofia di Alessandro Rossi si cercava di produrre il più possibile in sede.  A Como non si fermavano davanti a niente, costruivano perfino i trasformatori!

Si vendeva laserie oro?

Si, e abbastanza bene, ma devo dire che non capii mai il perché del successo di questa produzione. A me personalmente non piaceva ma vendetti molte confezioni a diversi collezionisti .

Vi hanno mai consultato per la scelta di un nuovo modello?

No, mai. Queste scelte venivano fatte a Como, esclusivamente da Rossi ma sempre supportato dal suo staff tecnico.

Si ricorda di aver visto plastici originali?

Quelli che vedevo in fiera, a Milano, rimanevano a Como, e si accumulavano anno dopo dopo. Alcuni di loro erano veramente grandi e straordinariamente rifiniti, anche nella parte paesaggistica. Lo stand Rivarossi, alla fiera di Milano, era particolarmente grande, bello e curato. Era sempre pieno di gente. Rossi teneva particolarmente alla presenza dei plastici ma soprattutto dei treni in movimento, elemento di grande attrazione e suggestione per il pubblico..

Cosa ricorda della rivista H0Rivarossi?

Era stampata a Como, con tutte le réclame dei negozianti, compresa la nostra, ed era venduta a 150 lire. Era utilissima per divulgare le tecniche di costruzione di plastici, modelli e circuiti elettrici. Mi serviva anche in negozio per illustrare ai clienti come intervenire su qualche modello o spiegare qualche circuito elettrico. Qualche volta mi arrabbiavo con loro ... sembravano non capire niente!  Al suo interno ricordo anche un foglio per costruire le casette; io poi vendevo finestre, porte, tetti in plastica, sia Rivarossi che Faller,  per completarle.

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L'intervista termina qui. Mi resta indelebile il ricordo  per la figura quasi paterna del vecchio commerciante, che mi insegnò, più di 50 anni fa, ad apprezzare, capire, smontare e riparare i modelli Rivarossi. Come  Alessandro Rossi, Sabbadin non conserva oggi, nella propria casa, un modello, un catalogo, una fotografia della nostra storica azienda. Con la chiusura del negozio, vendette tutte le giacenze a collezionisti. In una stanza della sua casa è ancora presente però, appeso al muro, un ingrandimento fotografico della vera Big Boy. Ma durante l'intervista, e forzato dai ricordi, è riaffiorata, intatta, tutta la sua passione per i modelli di Como,evidentemente solo sopita (n.d.r.).

 

Il sig. Sabbadin durante l'intervista. Sul tavolo le due 835 Rivarossi, con il loro straordinario divario tecnologico

che le contraddistingue e che ha fortemente  impressionato e stupito l'intervistato.

 

 

 

 

Una delle tante autoadesive che siglavano il retro di cataloghi e pubblicazioni, in questo caso il catalogo generale 1966/67

 

 

 

Una delle tante inserzioni pubblicitarie del negozio. Qui un inserto promozionale in “Italmodel ferrovie” - n.67 giugno 1965 – Briano Editore, il primo numero con l'abbinamento tra la rivista e HOrivarossi  

 

Testimonianze