(di Massimo Cecchetti)

 

LA 736 DI SILVANO BEVINI

fermodellista Sig. Silvano Bevini - Modena

 

 

 

Silvano Bevini a 29 anni, in una foto scattata all'interno dell'ufficio tecnico Rivarossi,  in giacca e cravatta, un obbligo, al tempo, per i dirigenti o i responsabili di un certo livello.

 

E' con grande emozione che scrivo quest'articolo dedicato non solo alla ricostruzione fermodellistica di un gran bel modello ma soprattutto al suo autore, un fermodellista insigne, un grande appassionato di ferrovie, un tecnico straordinario di Rivarossi.

Del modello ne parleremo fra poco ma in questo momento voglio soffermarmi sulla figura eccezionale dell'autore.

Silvano Bevini fu assunto in Rivarossi nel 1959, nell'ufficio tecnico, alle dirette dipendenze dell'Ing. Maderna in quell'anno responsabile dell'ufficio. Racconta lo stesso Bevini che scrisse alla Rivarossi, in un delicato momento di ricerca di lavoro, perché appassionato di treni, grandi e piccoli. Un anno dopo fu assunto in Azienda. La figura professionale di Silvano Bevini la si associa spessissimo alla grande evoluzione tecnica che Rivarossi visse nei dieci-quindici anni successivi, con Silvano diventato responsabile dell'ufficio tecnico. A lui dobbiamo, tra l'altro, la progettazione e la realizzazione delle grandi locomotive articolate Rivarossi.

Per un quadro più dettagliato sulla figura umana e professionale di Silvano vi invito però alla consultazione (in particolare alla pagina 76) del volume “Rivarossi” di Giorgio Giuliani ed. New press edizioni.

 

 

 

Ma ritorniamo al Silvano Bevini fermodellista ed appassionato di treni (uno di noi!), specie americani. Il n.18 di H0rr  (febbraio 1957) pubblica una sua foto ed un articolo, nella rubrica “occhio al treno”:  Si tratta dell'analisi di una locomotiva americana, una Consolidation, arrivata in Italia come supporto logistico alle truppe alleate nella seconda guerra mondiale. Per qualche motivo Silvano si era innamorato di quella macchina, dalle forme imponenti e poco europee.  La locomotiva fotografata da Silvano mostra ancora la classificazione “736-235” dipinta sulla cabina e ciò potrebbe giustificare la particolare attrazione esercitata dalla macchina su Silvano. Avendo infatti operato in Italia,  la macchina poteva interessare e facilmente accontentare sia il plasticista di stile italiano come quello di stile americano. Sappiamo che Bevini, in Rivarossi, spingerà la direzione ad intraprendere la costruzione industriale di questo modello ma che, per motivi a noi ignoti, a Como prevarrà la scelta della produzione della 0-8-0 “Indiana Harbor Belt” (1960 catalogo novità). E' possibile anche che Silvano, da poco  assunto (1959-60), si fosse trovato a lavorare alla esecuzione e al completamento di un progetto già avviato.

 

 

IL MODELLO DI SILVANO

Ed eccoci finalmente al modello autocostruito da Silvano.  Razionale, completo, preciso, dettagliato. Essenzialmente costruito in lamierino di ottone usa sfrutta però abilmente l'enorme risorsa del catalogo ricambi Rivarossi. Non  voglio dilungarmi sulla descrizione di tutti i ricambi usati: viti, rondelle, dadi, ganci, respingenti, ecc. ma mi soffermerò volentieri su quei dettagli, che, pur provenendo dal catalogo ricambi, assunsero una loro determinata configurazione fermodellistica nell'ambito della riproduzione del modello.

Gli assi provengono dalla ormai mitica B&O della prima ora, dal diametro di 18 mm  (art.549) e con i contrappesi autocostruiti, partendo da cartone fibrato, ritagliati ed incollati ad imitazione degli originali.  Gli assi saranno trattenuti al telaio autocostruito da una piastrina metallica, proprio come nelle locomotive di serie di RR. Il carrello anteriore monta  l'asse SFN 578 di 9 mm di diametro.  Il gruppo cilindri SFN 531 proviene dalle L/SP (o dalle L 221) opportunamente elaborato sui condotti del vapore, qui particolarmente sviluppati.

Il meraviglioso biellismo è autocostruito interamente, con una finezza e una precisione straordinari. La caldaia proviene da un tubo in ottone per tende (!) come pure in ottone sono i duomi e tutte le sovrastrutture della macchina, le tubazioni ed i serbatoi. Ovviamente mancorrenti e relativi supporti provengono dal catalogo ricambi...

La cabina, autocostruita completamente in lamierino di ottone, contiene anche la riproduzione dell'interno e degli organi di comando ed è presente pure un ferroviere Preiser. Il motore è in caldaia ed agisce mediante vite senza fine sull'asse motore della locomotiva. Vale la pena ricordare come le locomotive americane, grazie alle loro generose dimensioni, potessero contenere facilmente i motori Rivarossi con il risultato di un più facile occultamento all'interno dei modelli.

Il tender “proveniente da una mia vecchia L/SP ora in disarmo” monta i carrelli metallici SFN 573 ma cassa e telaio sono stati ridimensionati in lunghezza. Ovviamente è ricostruita la parte superiore riproducente il caratteristico serbatoio a combustibile liquido. Delle stessa macchina esisteva anche la versione a carbone, caratteristica che l'avrebbe resa facilmente giustificabile anche al mercato italiano. E' lo stesso Bevini che ci informa come, ancora nel 1957, circolasse questa versione sulla linea Messina-Catania.  Anche questo un bel motivo per convalidare e proporre la costruzione del modello alla dirigenza Rivarossi.

Il grande Silvano Bevini, infine, ci raccomanda come all'assenza di disegni originali, al tempo particolarmente pesante, si potesse sopperire fotografando, in opportune viste ortogonali, la macchina vera per ricavarne successivamente buoni disegni quotati.

Il modello è siglato sul tender “U.S.A:” per rendere appieno la personalità del prototipo, in uso sulle linee italiane,  per i servizi del U.S.Trans Corp durante l'occupazione alleata.

Un gran bel modello dunque ed un omaggio ad un fenomenale progettista industriale ed appassionato fermodellista.

 

 

Nota (di Giorgio Giuliani)

MI accodo a quanto scritto da Massimo per far presente che questa era la SUA locomotiva. Era il rotabile "del cuore" per Bevini, forse perchè una delle poche locomotiva americane visibili all'epoca sulle rotaie italiane. Da capo tecnico in Rivarossi la propose in diversi momenti, fra l'altro dopo la guerra era stata concessa a varie amministrazioni ferroviarie europee e avrebbe potuto essere riproposta in molteplici livree, ma non se ne fece nulla. E anche anni dopo essere uscito dalla Ditta si rammaricava di non essere riuscito a farla realizzare da Rivarossi.

 

Diamoci da fare